Presso la Dorothy Circus Gallery a Roma, considerata un importante riferimento in Europa per l’arte figurativa contemporanea, la curatrice Alexandra Mazzanti, ospiterà, per l’apertura della programmazione 2014 dal 14 febbraio e fino al 6 aprile, la mostra personale dell’artista Ray Caesar The trouble with Angels, che sarà per la prima volta presente in Italia all’inaugurazione. La stessa mostra sarà in contemporanea a Torino dal 15 febbraio e sempre per due mesi presso Palazzo Saluzzo Paesana.

Ray Caesar è uno dei rappresentanti del Surrealismo Pop, movimento artistico conosciuto anche con il nome di Lowbrow Art, nato alla fine degli anni Settanta a Los Angeles negli ambienti che ruotano attorno alle riviste di fumetti underground, alla musica punk e ad altre sottoculture californiane: le opere hanno solitamente soggetti figurativi, spesso caricaturali e sono caratterizzate dall’uso di colori forti e da una accentuata decoratività. I primi pop-surrealisti sono Robert Williams e Gary Panter, disegnatori di fumetti underground. L’ufficializzazione del movimento avviene nel 1994 con l’uscita della rivista Juxtapoz diretta appunto da Robert Williams. Ed è sempre lui che ha il merito di aver inventato il nome Lowbrow art, quando, come scrive in un articolo uscito nel febbraio 2006 sulla sua rivista, nel 1979 Gilbert Shelton, l’ideatore tra gli altri dei famosi Freak Brothers, aveva deciso di pubblicare un libro sulle opere di Williams e poiché nessuna istituzione ufficiale riconosceva all’epoca la sua arte, decise di usare un titolo autodenigratorio: The Lowbrow Art of Robt. Williams. Il termine lowbrow venne usato da Williams in contrapposizione a highbrow che in inglese colloquiale significa “intellettuale” o “cultura alta”. Forse il motivo per cui il movimento ha sempre trovato difficoltà ad inserirsi nei circuiti artistici tradizionali dipende dal fatto che la maggior parte degli artisti sono autodidatti, non solo pittori ma anche scultori o creatori addirittura di giocattoli. Se negli Stati Uniti, in Francia e in Inghilterra questo movimento è sostenuto e diffuso, in Italia il primo ad averlo fatto veramente conoscere è sicuramente Ray Caesar. Come sottolinea la stessa Mazzanti, gli artisti come lui "ci rivelano un mondo nuovo a metà tra realtà e sogno, dove ogni immagine assomiglia al reale ma lo trascende, narrando una mitologia nuova e antica, figlia di un'epoca trasversale, polivalente, elettronica".

Ray Caesar è nato a Londra nel 1958 e la sua passione per il disegno si vede sin da piccolo. Ancora adolescente, nel 1967 si sposta con la famiglia a Toronto, in Canada, dove attualmente vive con la moglie Michiko (Jane) e il suo cane Bonnie. Dopo la laurea in architettura frequenta l'Ontario College of Art (1976-1980) e inizia a lavorare come illustratore all’interno del dipartimento di arte e fotografia medica in The Hospital for Sick Children di Toronto in cui rimarrà per 17 anni. Il lungo periodo trascorso all’ospedale pediatrico sarà comunque fondamentale per la sua evoluzione artistica; impossibile per lui rimanere estraneo alla realtà delle malattie e delle violenze documentata giornalmente sui bambini tanto che, come lui stesso dice “è giusto che adesso io viva i miei sogni per coloro che non ne hanno avuto la possibilità nella loro vita… fare altrimenti sarebbe un peccato”. Documentare gli abusi di minori, la chirurgia ricostruttiva… per anni è riuscito a creare un archivio medico e di ricerca, con disegni medici e tecnici, immagini di attrezzature enormi intorno a minuscoli neonati prematuri, strumenti visivi per bambini cerebrolesi e disegni che documentano la ricerca sugli animali.

Ma questo non gli basta: lavora contemporaneamente in studi di architettura come disegnatore, come grafico digitale in società di videogame e studi televisivi, raggiungendo anche un discreto successo. Per capire la sua arte, bisogna ripercorrere la sua infanzia e adolescenza piuttosto travagliate, con un padre violento e poco equilibrato, capace di perdere la pazienza per una banalità e in qualsiasi situazione si trovasse. Lo stesso artista dice che spesso si estraniava per non sentire le urla del padre contro la gente e il suo modo di fuggire dalla realtà lo ha portato ad essere un artista dissociato, affetto da personalità multiple, e la sua “dissociazione” lui stesso oggi la considera un “dono”. Ma non è stato solo questo a “segnare” la sua arte: a seguito della morte ravvicinata della madre e della sorella, ha raccontato in alcune interviste che ha cominciato ad essere proiettato in strani sogni, incubi o “visitations” (allucinazioni).

Al giornale The Huffington Post ha dichiarato una volta che nel momento in cui si trova in una situazione poco piacevole, gli basta chiudere gli occhi e pensare a qualcos'altro. Anche se secondo la logica e la ragione tutto ciò non ha senso, Ray Caesar non dà ascolto alla logica e alla ragione e ha accettato la follia del mondo, unico modo per sentirsi al sicuro. Si è interessato alla cultura francese, in particolare al periodo Rococò, ma anche ad artisti e letterati come Antoine Watteau, oppure a pittori olandesi come Jan Vermeer, per non parlare del periodo inglese tra '700 e '800. È a quindici anni che incontra sua moglie e più tardi, grazie al suocero, conosce le opere di Yukio Mishima e Jun'ichiro Tanizaki, scrittori giapponesi influenzati, per motivi differenti, dalla scuola romantica. Tutto questo, oltre al suo amore per personaggi come Frida Kahlo, Salvador Dalì e Paul Cadmus, ha portato la sua creatività a trasformarsi in un immaginario visionario sci-fi.

Per i suoi lavori si è coniato il termine critico di “manierismo tecnologico”, più che mai appropriato per definire quanto di più sofisticato sia l’utilizzo degli strumenti informatici nel creare le sue immagini. Caesar utilizza la tecnica dell'arte digitale: i suoi quadri non sono realizzati con i metodi della pittura tradizionale, ma attraverso il programma 3D Maya (un software che viene utilizzato per gli effetti di animazione e nella realizzazione di videogame) crea dei quadri che poi vengono stampati su carta fotografica o su altre carte di pregio, caratterizzati da una composizione complessa e da un particolare uso della luce, volto a sottolineare espressioni, pose e movimenti irreali, se non addirittura la qualità soprannaturale del soggetto.

Ma vediamo in che consiste il suo lavoro: grazie a questo programma, costruisce un modello digitale tridimensionale con uno scheletro e articolazioni anatomiche invisibili che possono essere piegate e manipolate per assumere qualsiasi posizione, il modello viene via via modellato, colorato e arricchito di particolari, avvolgendolo in vesti sfarzose, aggiungendo capelli, pelle, ciglia e unghie (spesso ritroviamo le caratteristiche della pelle della moglie, in particolare del tratto del viso tra gli occhi e le sopracciglia) fino ad avere un tipico effetto pittorico iperrealista. I suoi soggetti sono bambini ma specialmente bambine dallo sguardo penetrante, delle lolite che guardano nell’anima dello spettatore con l’aria inquisitoria. Sono soggetti che a volte subiscono delle vere e proprie mutazioni fisiche negli arti: bambine-pipistrello, bambine-ragno, bambine-polpo. Un’infanzia che sta tra l’iper e il surreale, per niente rassicurante, come in una favola in cui l’orrore la stia per invadere. Gli spazi in cui si muovono i personaggi di Caesar, digitalmente illuminati e impeccabilmente dettagliati, costruiti con strati architettonici, finestre, carta da parati, tende e mobili, sono studiati nei minimi particolari, in un mix di art decò, stile vittoriano e codici visivi del primo novecento: il risultato finale mostra con quanta attenzione quasi maniacale l’artista si sia dedicato ai dettagli, ai vestiti, agli oggetti, all’ambiente che spesso si trasforma in una vera e propria scena teatrale.

The trouble with Angels è la terza mostra di Ray Caesar. La sua prima esposizione a Roma risale al 2007: per la prima volta vedemmo le sue bamboline perverse e bioniche in abiti vittoriani, in pose lascive, ma con pezzi artificiali inseriti nel corpo, personaggi inquietanti e dalle forme esagerate, risultato dei fantasmi personali di Caesar. La sua seconda personale italiana è del 2009-2010 e si intitolava Sogni di Cristallo: anche qui pizzi, mascherine ed enormi parrucche, bambine vittoriane algide, spesso completamente albine, con una sardonica sensualità che sembra alludere a un qualcosa di non detto, a una qualche scomoda verità, gelidi angeli che ci guardano, lontane dall’essere bambine e donne normali, “ninfe senza cuore” che, nonostante le loro cicatrici, i loro tentacoli e i loro tatuaggi non perdono mai la loro provocatoria eleganza… Siamo curiosi di vedere le opere che sono state scelte da Alexandra Mazzanti per la esposizione alla Dorothy Circus Gallery, sicuri di rimanere anche stavolta ammaliati dai suoi particolari lavori: pallida pelle iridescente, impassibilità espressiva di bambole dall’apparenza tranquilla ma tutt’altro che serena, abiti ottocenteschi in stoffe di velluto e pelle, che dalla fiaba vittoriana entrano con nonchalance in uno spettacolo burlesque.  

Le opere di Caesar sono state esposte nelle gallerie più importanti del mondo: tra le tante, ricordiamo nel 2010 la mostra Art From The New World presso il City Museum di Bristol e, ancora in Italia, la mostra Pop Surrealism, ospitata dal Museo Carandente di Spoleto e curata sempre dalla Dorothy Circus Gallery, che l’ha poi riproposta, in occasione dell’inaugurazione della sua nuova sede, con la mostra Private Collection Carnival e poi nel gennaio del 2012 l’esposizione presso il Musee de la Halle St Pierre, a Parigi in Francia. Sono molti i collezionisti di Ray Caesar, come Ricardo Tisci, il designer di Givenchy, la famiglia Hearst e numerose celebrità come Madonna, Christina Aguilera, Kate Moss, Elton John, Mickey Rourke e Kate Beckinsale: un gossip dice che recentemente Ray Caesar ha rifiutato una commissione per Madonna, che da tempo desiderava essere ritratta dall’artista.

Per finire, vorrei ricordare una frase tratta da un’intervista a Ray Caesar: “Mi sembra opportuno che le immagini vengano create su un computer in un mondo tridimensionale di profondità, larghezza e altezza. Mi affascina l'idea che questo spazio tridimensionale esista tanto quanto un'altra realtà e anche se spengo il computer, sono perseguitato dal fatto che questo spazio è ancora lì, esistente in una probabilità matematica, e lo spazio in cui viviamo ora potrebbe non essere poi così diverso…”.

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