"Oggi ho da fare molte cose: devo uccidere fino in fondo la memoria, devo impietrire l’anima, devo imparare di nuovo a vivere.

"L'arte non riproduce il visibile; piuttosto, crea il visibile."

L’opera d’arte sembra destinata sempre alla vista e allo sguardo. Tuttavia concepire una creazione partendo da ciò che è invisibile si inscrive, senza alcuna schizofrenia, nello stesso meccanismo di ciò che è visibile. Infatti, se attraverso le opere, le parole o i suoni, si può arrivare a una dimensione altra, magari più alta, a una dimensione ascetica, significa allora che la creazione artistica, anche quella visiva, appare lasciando però passare molto più di ciò che si vede. La lettura ultra-retinica non si ferma alla contemplazione pellicolare, ma ci porta a un esame spirituale. In questo senso visibile e invisibile nell’estasi dell’opera da sempre tengono aperto il dibattito e allargano la domanda. Harald Szeeman stigmatizza come il suo atteggiamento estetico anti-retinico o anti-visivo preferendo Duchamp avvalersi, come un detective, della traccia o indice.

In un momento storico e sociale costipato dalle immagini la pittura e il talento del fare occupano un posto importante nel processo di ricerca, sperimentazione e progressione del senso. Ilaria Del Monte usa la sua mano con questa consapevolezza e, attraverso la sapienza gestuale, la sua ricerca culturale e letteraria trova in Quando Teresa Si Arrabbiò Con Dio i suoi spazi, i suoi interstizi per appoggiarsi negli angoli del luogo espositivo come pagine rilegate in un libro.

Tale ricerca dal campo imprevedibilmente grande o suggestivamente piccolo permette di armare chi fruisce dell’opera di un’intensità di veduta che esiste solo in potenza. L’eloquenza formale del suo atteggiamento artistico concettuale, seppur linguisticamente classico, si sposta continuamente dal campo semantico -estetico a quello semantico - intellettuale che con il passare del tempo e la sedimentazione della tecnica diviene sempre più una grammatica distribuita con agire personale e individualistico in associazioni poetiche che tendono all’espansione e alla complessità. E ancora quindi quello che Ilaria Del Monte afferma con i suoi quadri e disegni è l’operare con maniacalità sullo spostamento progressivo dello stile senza perdere di vista le sue peculiarità di ripetizione e differenza.

Prendendo il via dall’uso intenzionale di stereotipi e stilizzazioni la sua direzione, partendo dal dono iniziale dello sguardo, porta prontamente a variazioni sottili e imprevedibili che creano uno stato straniante di spaesamento e rallentamento. La ricerca si pone sulla linea sottile dell’incorporeo che, dall’eccesso dell’immagine, ci porta a un’iconografia a indirizzo strettamente personale frutto di una tecnica e di un’impostazione concettuale sempre lampante, lacerata e illuminante.

La tautologia affermata da Frank Stella “what you see is what you see” è portata al parossismo dalla tecnica compositiva che Ilaria Del Monte applicata a intervalli costanti, costruendo un arco allargato di sensazioni e direzioni che implodono in uno spazio residuo, eppure universale.

© Martina Cavallarin

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Immagini correlate

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