“Il cuore è presente nella storia della cultura umana come parola e come figura. La parola cuore fin da tempi antichissimi appare in documenti religiosi, poetici, scientifici delle più antiche civiltà, spesso già studiati specialisticamente. Cito come rappresentativo il Cantico dei Cantici per l'antichità (anche se l'epoca di composizione è controversa), perché esso contiene metafore ardite ispirate dal cuore, e perché, ancora, il Cantico ha lasciato come un filo d'oro nella letteratura, nella pittura, nella musica, nell'arte di tutti i tempi, tanto che qualche pagliuzza legata all'immagine del cuore mi sembra talvolta rifulgere ancora anche in contesti molto modesti.

Mi hai ferito il cuore, / mia sorella, sposa, mi hai ferito il cuore / con un solo dei tuoi sguardi e Mettimi come sigillo sul tuo cuore, sono versi che nutriranno per alcuni secoli meditazioni, panegirici e immagini devozionali... L'icona cuoriforme è dotata di una versatilità espressiva, decorativa e comunicativa eccezionale già allo stato “nudo” in quanto offre la dolcezza delle curve e, per mezzo della punta, l'acutezza dell'intelligenza e dell'arma. Una volta caricata di significato simbolico, cioè una volta che chi recepisce abbia sufficienti elementi per dire che si tratta di un cuore piuttosto che di una foglia o di uno scudo, essa appare dotata di una sorta di ubiquità che le permette di apparire contemporaneamente nei territori del sacro e in quelli del profano con funzioni e perfino con attributi complementari simili.

Il linguaggio sacro e il linguaggio profano dovrebbero essere sempre conosciuti e confrontati da chi studia il simbolismo del cuore perché i linguaggi figurativi o verbali utilizzati nel quotidiano o nella realizzazione di un’opera d’arte sono spesso molto simili e cambiano solo il contesto e il destinatario che in un caso è l’innamorato e in un altro un personaggio divino. La fiamma, per esempio, la freccia, le ali, le colombe, che potremmo definire simboli ausiliari, spesso uniti o affiancati al cuore, sono usati nelle rappresentazioni e negli oggetti sia sacri che profani”.

Così presenta il cuore, oggetto supremo di amore, studio e ricerca Elisabetta Gulli Grigioni, “Cuoribonda”, ravennate, studiosa, scrittrice, antropologa, museologa e organizzatrice di mostre a livello nazionale e internazionale. Questo grazie anche alla sua sorprendente raccolta di manufatti legati alla tradizione popolare e ai loro simboli, in particolare a quello del cuore. La sua, più che una collezione, può senz'altro definirsi un museo per la ricchezza dei contenuti e dei rimandi che collocano i pur numerosissimi oggetti in un illuminante e nello stesso tempo stimolante contesto culturale artistico: si tratta di una raccolta unica al mondo (esiste un Musée du Coeur a Bruxelles, ma è poca cosa al suo confronto) ed è un peccato che né Ravenna né altre sedi abbiano trovato uno spazio museale adeguato per conservare e proporre al pubblico questo tesoro. Abbiamo parlato di “museo”, per la mole e l’importanza della collezione, ma c’è di più, perché il tutto è poi emotivamente innervato dalla memoria affettiva e dall’“incorreggibile temperamento ludico” della sua autrice, che umanizza e carica di “pathos” la sua raccolta e la sua ricerca, facendole diventare anche una multiforme, coinvolgente autobiografia.

“Il mio innamoramento per il cuore, perché di questo principalmente si tratta, è cominciato in un mio soggiorno bolzanino, negli anni delle elementari e delle medie, col desiderio sempre inappagato di possedere oggetti a forma di cuore che lì erano frequentissimi. Il colpo di fulmine è comunque scoccato a Tunisi, alla vista, in un negozio di antichità, di un ferma-catena di smalto a forma di cuore decorato con una stella e una falce di luna di cristalli. Bolzano e Tunisi sono i miei due estremi geografici ed esistenziali. Ma poi, il punto più profondo raggiunto nel rapporto di lunga frequentazione con questo simbolo equivale a quello che è, nell’esistenza umana, il momento in cui si riconosce la propria condizione di innamoramento. Al posto di un essere umano qui c’è un simbolo del quale si è certi che non ci si stancherà mai di cercare ogni espressione, anche quella apparentemente più umile e più modesta. Questa è la molla che spinge il collezionismo ‘nobile’, la carica spirituale e intellettuale che trova in sé l’appagamento al di là di ogni pensiero di vantaggio economico o professionale”.

Ma Elisabetta Gulli Grigioni, non solo è coltissima, appassionata raccoglitrice di “cuori” che cataloga per forma, materiale e funzione, non solo è bibliofila accanita che insegue temeraria ogni indizio di parola per approfondire conoscenze multidimensionali sull'argomento, ma è anche abile e raffinata compositrice di immagini, che assembla, orchestra e dispone con armonica maestria. E' pure una ricamatrice ineffabile, opera con pazienza e passione su carte antiche e preziose utilizzando fili d'oro e altri materiali decorativi per lo più ottocenteschi, traducendo in trame e orditi straordinari, scenari che riflettono esperienze personali, pensieri, libere associazioni.

“Ho iniziato a cucire e a lavorare a maglia a quattro anni perfezionando l’apprendimento domestico e prescolare dell’asilo infantile, con quella preziosa, intelligente e formativa attività scolastica rispondente allora al nome di Economia Domestica, e con le competenze derivanti da cinquant’anni di collezione e di studi antropologici di manufatti tradizionali europei femminili e maschili da me ampiamente fatti conoscere attraverso esposizioni e pubblicazioni. Le riflessioni visualizzate attraverso l’ideazione e la personale e rituale realizzazione dei manufatti si svolgono nell’ambito della memoria affettiva: sia per l’uso della forma simbolica del cuore (inserendo figure o scritture in un cuore le si affidano alla memoria, ricordare deriva dal latino cor-cordis) sia per il punto usato estremamente e ostinatamente fissativo. Il ricamo scolastico viene infatti superato in una dimensione simbolico-narrativa in cui la consapevolezza antropologica conferisce precise e caratteristiche forme alle motivazioni emotive.

Tutti gli elementi sono quindi cuciti, esclusivamente e ritualmente come mia opera (singolarmente, tra di loro o sui fondi di sostegno) senza usare nemmeno un grammo di colla. I piccoli eventi autobiografici di varie età della vita, poeticamente amplificati, sono poi rielaborati concettualmente prendendo forma figurativa attraverso metafore o moduli onirici, mitologici, fiabeschi. Ideologicamente l’operazione è sostenuta dalla convinzione che il ‘cucito’ e il ‘ricamo’ siano linguaggi, non esclusivamente, ma egregiamente femminili, capaci di comunicare non solo innamoramento, affetto e dedizione tradizionalmente richiesti alla donna, ma anche idee più complesse e volitive”.

In questo intrecciarsi di pensiero e azione, scopriamo così la complessità della “Cuoribonda”, come ama definirsi, nelle due parti di sé che s'incontrano in una felice complementarietà: mano e mente in una conjuctio generativa di tanti stupefacenti capolavori, raccolti, conservati o prodotti, come dice il titolo di una sua mostra, da “mani virtuose” su “docili carte”.