Alberto Peola ha il piacere di presentare gli ultimi lavori dell’artista pachistana Adeela Suleman.

Sono cortine che pendono dal soffitto, sottili griglie ottenute dalla ripetizione del medesimo disegno, attraverso cui la luce filtra conferendo loro una splendente bellezza e una preziosa fragilità. A una osservazione più vicina si nota che il motivo ripetuto è la sagoma di un uccello incisa in una lamina d’acciaio. File di piccoli uccelli legati tra loro - uccelli morti, dice l’artista - che viene immediato collegare al contesto in cui Suleman vive, il Pakistan, una nazione che possiede armi atomiche, in rapida trasformazione economica e politica, soggetta a disastri naturali e afflitta dal riemergere di attacchi terroristici e conflitti socio-religiosi. Suleman con acuta sensibilità ne coglie le contraddizioni e le ambiguità e trasforma ansie e paure nell’unicità dell’invenzione artistica.

Gli uccelli sono una presenza costante anche nei bassorilievi in acciaio inossidabile sbalzato, che sporgono leggermente dalle pareti della galleria: i pavoni, tradizionalmente associati all’idea di bellezza ma anche a cattiva fortuna; i pappagalli che, al contrario degli uccelli morti che non hanno più voce, si dice che viaggino da luogo a luogo raccontando storie, testimoni - inaffidabili - di tragedie quotidiane. Alla morte provocata dall’uomo fanno esplicito riferimento figure come missili e giubbetti di attentatori suicidi al centro di diverse opere, finemente cesellati secondo la tradizione islamica della filigrana, da cui escono rami che si attorcigliano, foglie, fiori, serpenti. Natura e vita intrecciate a simboli di distruzione e violenza. Tra le immagini sontuose e regali -elaborati drappeggi, preziose corone, vasi di fiori, grandi ali - non c’è una diretta allusione a presenza di vita umana. Nella loro stravaganza i rilievi mantengono un aspetto elegante e prezioso grazie al rigore della composizione. Tutto è infatti messo in scena in una perfetta simmetria.

La bizzarra combinazione degli elementi rimanda ad associazioni di significato tradizionali e, in particolare, fa riferimento a quel ricco repertorio di aneddoti e storie che Adeela da bambina sentiva raccontare dalla nonna, ognuna delle quali conteneva una lezione morale. Nelle sue opere, però, sembra assente ogni lezione morale. Ci sono figure simboliche, una sorta di pali totemici, sospese tra tradizione, memoria, elementi autobiografici e frammenti di realtà quotidiana, riferimenti letterari e resoconti giornalistici, accostate in sequenze narrative in cui vita e bellezza si legano a morte, idea di perdita e di scomparsa, attraverso un approccio poetico e, anche, sottilmente ironico.

Alberto Peola
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