La mostra, realizzata in collaborazione con s.t. foto libreria galleria, propone una selezione di immagini in bianco nero prodotte fra il 1984 e il 2009 e confluite poi nel volume omonimo, edito da Postcart nel 2012.

In mostra viene presentato un terzo delle più di sessanta foto che compongono il libro (insieme ai testi dello storico della fotografia Diego Mormorio e del critico d’arte Sergio Troisi): venti stampe, eseguite dal fotografo stesso. Il termine breviario suggerisce l’idea del compendio, del sommario, ma anche del manuale, della guida, capace di indirizzarci e istruirci. Ed è proprio attraverso la combinazione di questi due registri – la condensazione delle forme e l’ammaestramento dello sguardo, che si sviluppa il lavoro di Attardi.

Nell’arco di venticinque anni, il fotografo romano ha attraversato l’isola con uno spirito che non è quello del reporter, pronto a registrare gli urti della vita sociale, né quello del vedutista – desideroso di congelare lo spettacolo della natura e della storia; ma non è neppure quello dell’artista contemporaneo, interessato in primo luogo a mettere a fuoco il proprio linguaggio e la propria tecnica. Attardi segue piuttosto le orme di quei maestri della fotografia del Novecento per i quali l’immagine è l’esito di un reciproco riconoscimento, metodico quanto fatale, fra la forma del reale e quello dello sguardo. Il viaggio è dunque scoperta, incontro, rivelazione di una trama inedita di corpi luci spazi; ma è anche occasione di verifica e affinamento delle risorse percettive e creative del viaggiatore-fotografo.

L’itinerario di Attardi tocca molte delle province e delle località più rinomate e battute dell’isola (Palermo, Agrigento, Catania, Ragusa Ibla, Enna, Caltanissetta, Siracusa, Messina, Trapani, Marsala, Noto, Piazza Armerina), ma anche piccoli centri meno noti. Nella maggior parte dei casi, ai nomi dei diversi luoghi citati nel Breviario, corrispondono delle immagini scarsamente identificative dell’individualità di quei luoghi stessi.

La mappa che ci propone il fotografo è piuttosto contrassegnata da una serie di visioni ricorrenti, di suggestioni reiterate: mezzi di locomozione desueti o marginali (cavalli, calessi, biciclette, vecchie automobili, slittini su ruote), piazze e strade semi-deserte, vetrine di negozi, oggetti fluttuanti o dimenticati. Altrettanto sospese appaiono le figure umane, mai in primo piano e colte per lo più di spalle, di profilo.

Nel presentare una precedente mostra di Attardi dedicata alla Sicilia, ha scritto Diego Mormorio: “Come s’addice ai veri fotografi, Andrea Attardi si muove come un raccoglitore di ombre – di voci originate nel farsi e disfarsi della luce: dell’impalpabile e della meraviglia originata dall’incontro della grandezza ribollente del Sole con l’impercettibile piccolezza di particelle di silicio e carbone che formano lo strato atmosferico che avvolge il nostro pianeta. La bellezza della fotografia – e di tutta la nostra esperienza di umani – risiede infatti esattamente qui: nell’intreccio inestricabile di immensità e piccolezza, tanto che possiamo dire che non ci sono cose irrisorie, ma soltanto realtà sostanziali. Che niente di ciò che ci circonda ha poco valore. Ci sono semmai cose che ci toccano di più – che sentiamo più intime. Fra esse i paesaggi in cui siamo cresciuti.” [..] “Per molte di queste immagini, il fotografo ha lungamente atteso. Ha aspettato che la luce avesse una sua sostanza particolare, che, incontrando certi oggetti, diventasse forma. Segno inequivocabile della percezione dell’autore. La quale nel caso specifico di Attardi tende alla geometria e ai toni di contrasto alti – ai neri e ai bianchi intensi. Tanto che, ritornando a certe figure dell’immenso Platone, possiamo dire che, guardando certi mucchi di sale di queste fotografie, può sembrare che Attardi sia alla ricerca della bianchità. Queste sue fotografie risultano di un’essenzialità straordinaria e di una capacità evocativa davvero rara. Di una leggerezza che – come nel caso dei raccoglitori di olive – diventa balletto, riportando alla mente una famosa frase di Paul Valery: L’instant engendre la forme, et la forme fait voir l’instant.”

Spazio Ducrot
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Orari di apertura

Lunedì - Venerdì 9.00 - 19.00
Sabato 9.00 - 13.00