Severa e ludica, disciplinata e libera.

La mostra “Don’t play at school” incarna le contraddizioni di un percorso che attraversa le arti e le accademie, tra razionalità concettuale e tecniche d’illecita eleganza.

Un viaggio che ammonisce e seduce lo spettatore attraverso i paradossi del gioco e della didattica, rispettando i crismi dell’arte contemporanea.

Risorsa privilegiata di apprendimento e di relazioni, il gioco favorisce rapporti attivi e creativi e consente di trasformare la realtà secondo le proprie esigenze interiori, generando attitudini, valori e sensazioni.

Il luogo dove queste opportunità nascono è la scuola, un ambiente in cui coercizione e anacronismo portano a maturare rabbia e disimpegno verso mezzi e metodi che, al contrario, l’arte suggerisce e utilizza per offrire una vasta gamma di messaggi e di stimoli, utili alla strutturazione ludiforme dell’attività didattica nei diversi campi di esperienza.

L’infanzia riceve dal gioco e dalla scuola l’insieme di ruoli, regole, strumenti e percorsi che costruiscono uomini e personalità, immaginari collettivi e individuali.

Nell’ispirazione di Don’t play at school, i divieti che caratterizzano l’educazione infantile si trasformano nel dis-ordine che anima l’arte contemporanea, fatta di riscritture e nuove contestualizzazioni che esplodono in una didattica linguistica e realizzativa in cui l’iperrealismo formale dialoga con un inesplicabile razionalismo per ricreare il senso dell’opera d’arte.

Il rigore mentale che sostiene le opere esposte è beffeggiato dall’imprecisione e dall’ingenuità infantili che travalicano ogni regola per riscrivere la spregiudicata universalità del gioco. In esse appare razionalizzato il mistero della conoscenza in un improbabile quanto divertente vincolo di materie, forme e colori che rivitalizzano l’arte attraverso i sogni illibati di un adulto che, come tutti, è stato bambino e come un bambino ha conosciuto il mondo, continuando a sperare di non dimenticarsi mai della verità che solo l’innocenza infantile è in grado di conoscere e raccontare.

Opere didattiche che cercano in una democratica quanto contraddittoria ingenuità di riportare a un’audience indiscriminata e globale il fascino delle importanti collezioni pubbliche del Metropolitan e del Whitney Museum di New York, del MOCA di Los Angeles e della Biennale di Venezia.

Fantasia e tecnica adolescenziali strutturano l’ispirazione matematica e statistica della produzione eco-materica di Greg Colson, le cui opere sono il luogo simbolico in cui i rischi della realtà individualista sembrano svanire, per ricrearsi in un’evoluzione linguistica che mette le basi per l’apprendimento di concetti logico-matematici e relazionali universali.

Il collettivo artistico The Bounty Killart approccia l’arte classica ricontestualizzandola in maniera pedagogica, incorporando strumenti e linguaggi contraddittori e attualizzando i valori e i significati di gioco, regole e cultura in una sensazione di dinamismo.

Una profonda trasmutazione allegorica di miti scolastici è espressa nelle irridenti sculture di Bertozzi e Casoni, che ipnotizzano la caducità esistenzialista dei modelli educativi con l’effimera nobiltà materica delle forme, la cui vera forza risiede nel processo concettuale di creazione artistica.

Le pergamene di Kim Dingle smascherano la realtà attraverso un gioco di contrasti che rimanda al negativo fotografico, in cui l’inversione delle regole priva il gioco del proprio cinismo competitivo con un infantile ingenuità, svestendolo di ogni diabolico pregiudizio.

Albert Pinya fa un ritratto dell’infanzia secondo regole accademiche e moderne influenze mediatiche, con sculture e dipinti in cui colori e forme geometriche primitive si risvegliano in psichedeliche cromie contemporanee.

La dottrina inscatolata e collezionata di Peter Wutrich riporta cultura e conoscenza al popolo, consegnandole alla bacheca della memoria come trofei che conservano l’infanzia di un palmares e lo riscoprono in un libro per adulti che diventa storia, che diviene opera d’arte.

La ricostruzione parallela del mondo seduce attraverso la grande abilità manuale di Nicola Bolla, le cui opere sottolineano il senso di caducità della materia e la dissacrazione delle regole proprie di un’arte che si sostituisce alla scuola nell’insegnamento della realtà.

Maurizio Caldirola Arte Contemporanea
Via volta, 26
Monza (MB) 20900 Italia
Tel. +39 039 2623372
info@mauriziocaldirola.com
www.mauriziocaldirola.com

Orari di apertura
Lunedì 14.30 - 19.00
Martedì - Sabato 10.30 - 12.30 e 14.30 - 19.00

Immagini correlate

  1. Greg Colson, Top concerns of American, Brides, 2001, tecnica mista su legno, cm. 119,3 d
  2. Peter Wuthrich, Uncovered Stories I, 2009, libri e copertine ritagliate, cm. 140 x 142 x 10
  3. Greg Colson, Pie Chart Study: Mileage, Breakdown, 2002, tecnica mista su carta, cm. 35,5 x 28
  4. Kim Dingle, One Baby On The Floor, 2000, olio su pergamena, cm. 61 x 48.3
  5. Kim Dingle, Untitled, 2000, olio su pergamena, cm. 61 x 48.3
  6. Kim Dingle, School Grounds, 2000, olio su pergamena, cm. 61 x 48.3