Sottrarre per aggiungere… non è un gioco da enigmista utopico ma un approccio metodologico che Enrico Cazzaniga utilizza dal 1997, dal momento in cui ha scelto il fustagno nero e la candeggina come elementi elaborativi del suo processo pittorico. Una superficie ostica per la pittura, un liquido che di solito distrugge anziché creare: il cortocircuito parte da qui, da una sottrazione sul nero che produce luminosità variabili nel momento in cui la candeggina e il pennello (s)vestono la densità del nero.

Asfaltare per elaborare… anche qui non si tratta di qualche strana pratica urbanistica ma di una seconda chiave elaborativa dell’artista. La materia informe dei pavimenti automobilistici si trasforma in superficie pittorica e codice figurativo. Durissimo, selvaggio oltre l’informe, impregnato di memoria sociale eppure malleabile, pastoso, rivelatore di archeologie del presente: l’asfalto diviene qui disciplina concentrata, riduce le dimensioni spaziali e ribalta il proprio codice funzionale.

Enrico Cazzaniga parte dall’intuizione linguistica, da un costrutto formale che modula l’idea e il suo sviluppo tematico. Tecnica e concetto si fondono assieme al servizio del contenuto, raccontandoci mondi che intuiamo e al contempo ci lasciano in sospensione dubbiosa. Vediamo paesaggi e corpi, i due fulcri della visione contemporanea: luoghi e persone che ci sembra di afferrare mentre rifuggono da qualsiasi certezza, presenze che scivolano dentro il nostro sguardo come la candeggina che dipinge memorie mentre dissolve il nero.

Elementi del corpo (il fustagno che viene usato per gli abiti, la candeggina che viene utilizzata per le pulizie domestiche) ed elementi urbani (l’asfalto ma anche i birilli stradali con cui Cazzaniga ha realizzato alcune sculture funzionali) ci raccontano la frequenza labile del mondo attraverso i modelli tecnici che l’artista stesso ha ideato. L’opera ci invita al giusto sforzo, richiama sempre altro e dissemina punti d’ipnosi scenica, come se somigliasse a qualcosa che non è mai quella data cosa. Cazzaniga fa slittare i codici per non cadere nel tranello didascalico della figurazione, creando immagini che nascono da una partenogenesi materica, da una crescita dentro l’informe della monocromia inquieta (il nero del fustagno, il grigio dell’asfalto). Il risultato si rivela per chiavi indiziarie; ci fa seguire piste che portano verso scelte private e spazi di condivisione, gioca per similitudini che sovrappongono ricordi e presente. Il quadro evoca l’espressione del tempo interiore, modulando la natura organica del materiale e la sua appartenenza al mondo narrato.

Da Romberg l’artista presenta le due tecniche in una compresenza d’allestimento che evidenzia la narrazione dei passaggi figurativi. Sequenze, strutture modulari e richiami dimensionali disegnano un progetto a misura di spettatore, un paesaggio nel paesaggio dagli orizzonti variabili e dalla trama aperta.

Buona visione. O meglio, buon completamento della visione. Mostra curata da Italo Bergantini e Gianluca Marziani

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