La poesia della natura sviluppata nel tuo progetto Riflessioni sbarca a Parigi con il titolo Reflections alla Galleria Doria, una tra le più prestigiose in rue des Beaux Arts, nel quartiere di Saint-Germain-des Prés. Riflessioni ha suscitato anche il grande interesse del collezionismo internazionale.

Come è nata l'idea di questa poesia fotografica della laguna?
Franco Donaggio: La mia terra d'origine è Chioggia; una ridente cittadina che si affaccia sulla laguna veneta. Vista dall'alto è un'isola somigliante ad una lisca di pesce adagiata sull'acqua, collegata da tre ponti alla terra ferma. In quelli spazi d'acqua somiglianti a enormi specchi, i miei ricordi del passato sono adagiati come vecchie conchiglie sul fondo. Quando il mio sguardo cerca tra quelle trasparenze, loro affiorano lentamente, mi si avvicinano, mostrandomi un sorriso fatto di tempo e pace dove le passioni umane trovano la eterna serenità del silenzio. Non posso descrivere quali e quante emozioni mi ha donato la laguna, questa chiesa a cielo aperto, con il tetto della notte e del giorno, lungo un continuo rincorrersi tra luna e sole. Da queste profonde esperienze maturò l'intima esigenza di coinvolgere anche il mio intelletto, oltre allo spirito, e di creare, o meglio 'raffinare' queste forti emozioni in qualcosa di durevole attraverso il mio lavoro. Da questa nuova necessità nacque il lavoro Reflections.

Anche in altri tuoi progetti ti sei ispirato alla tua terra?
Reflections rimane ad oggi l'unico progetto in tal senso, anche se alcuni retaggi lontani del mio vissuto affiorano spesso nei recenti lavori, come ad esempio la nave incagliata nel mio progetto (Prima del Giorno) o altre che solcano i mari in tempesta negli Gli Spazi di Morfeo.

Nel tuo sito hai creato una spirale che segna virtualmente il tuo percorso artistico. Quanto pesa l'emozione nella scelta dei temi della tua ricerca personale?
All'inizio di ogni progetto si manifesta l'intuizione, madre dell'idea. Per me è un processo lento, metaforicamente si potrebbe pensare ad un miraggio che assume nel tempo dettagli sempre più nitidi, e mentre ci lavoro mentalmente lo focalizzo sempre meglio. L'emozione deriva da questo processo. Non la vivo come un flusso d'adrenalina di veloce consumo, ma come un mezzo per spingere la mia spiritualità a dilatarsi verso spazi ignoti nella mia mente; un urlo laico diretto a spazi siderali, sperando nell'eco. Dopo l'istinto, l'emozione è la seconda pulsione primordiale che ci salva dall'omologazione dei nostri tempi. Nel mio mondo l'emozione è il motore di un linguaggio interiore, dove il linguaggio è sinonimo d'esperienza in senso lato.

Conosci molto bene il processo analogico e sei passato al digitale con la tua profonda esperienza passata. E gli interventi che operi sulle tue immagini sembrano dipingere intorno a soggetti e architetture reali la tua arte onirica e metafisica. È giusta questa analisi?
Condivido. Ho vissuto molto serenamente e con entusiasmo il passaggio dal procedimento analogico al digitale, e senza paure di sorta derivanti da inesperienza e pigrizia. Lungo un percorso di oltre trent'anni di lavoro da professionista e sperimentatore col mezzo fotografico, ho sempre avuto le idee molto chiare su tutto quello che poteva servirmi per parlare il mio linguaggio estetico. Preferisco da sempre il cosa al come, amo definirmi un pragmatico. Ebbi la rasserenante conferma delle mie scelte quando con l'avvento delle nuove tecnologie digitali, alcuni critici mi dissero che l'espressività del mio lavoro non era cambiata.

Il mio operare si nutre nell'invenzione estetica, per me la fotografia è un modus operandi per andare altrove, oltre la cosiddetta realtà. Nel mio lavoro sconfinare oltre il reale è una pratica ricorrente, utilizzo la fotografia per incarnare costruzioni mentali, per dare un volto a silenti presenze nascoste nei miei pensieri, in attesa di vivere. Per dare fisicità a questi concetti intervengo con la tecnica digitale utilizzando e mettendo insieme immagini estratte dal mio archivio, o spesso realizzando immagini appositamente studiate. La metodologia del lavoro è molto articolata e spesso complessa, poiché si tratta di realizzare opere che loro stesse sono già dei progetti.

Ora dove punta la tua ricerca personale? Quali i temi che stai elaborando?
Sto per terminare il mio nuovo progetto intitolato Gli Spazi di Morfeo. Questo lavoro ha avuto origine in un momento di libertà mentale, mettendo insieme frammenti di vita ed esperienza della realtà in una visione trasposta su una nuova tela tessuta dalla logica, molto vicina al sogno. Un pomeriggio di primavera venne nel mio studio un gallerista che mi propose un lavoro sul nudo femminile da realizzare per un suo progetto espositivo. Gli chiesi per quale motivo volesse un genere per me del tutto nuovo, lui rispose: proprio per questo. Iniziai allora la mia nuova sfida.
Pensai così la metafora visiva di un’amazzone che domina il mare su una possente nave, verso la linea di un orizzonte sconosciuto... In questi mondi, la donna vive da protagonista indiscussa, assume l’oneroso ruolo di salvatrice in un mondo consumato dall’oblio dei valori in senso lato, lungo un percorso di faticosa ricostruzione e bellezza. Amo pensare che contrariamente alla storia di Adamo ed Eva, la stessa donna non offra all’uomo la mela del peccato ma la salvezza.

Fotografo e graphic designer, Franco Donaggio è nato a Chioggia nel 1958, e vive a Milano. I suoi progetti artistici, frutto della sua continua ricerca personale, sono stati esposti sia in Italia che all'estero e le sue opere fine art sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private internazionali.

Reflections
Galerie Doria
1, rue des Beaux- Arts
Parigi
Dal 7 Novembre al 21 Dicembre 2013 

Per maggiori informazioni:
www.donaggioart.it