La Ecos Gallery avvia, a partire dal mese di aprile, un nuovo programma artistico fortemente declinato sulla giovane pittura americana. Si tratta di due mostre (tra loro consecutive) scelte e curate da Pia Candinas, apprezzata dal pubblico italiano per aver contribuito alla promozione e valorizzazione di artisti statunitensi, e non solo. Le due artiste selezionate – Gina Hoover (1990) e Jamie Felton (1986) – si sono formate alla prestigiosa Tyler School of Art di Philadelphia e alla sede romana della Temple University (che accoglie la Tyler di Philadelphia). E proprio qui hanno fatto conoscenza con Pia Candinas: la quale, colpita dal loro inusuale capacità inventiva, ha instaurato con loro un intenso confronto e dialogo. La presenza di artisti americani che scelgano Roma come luogo di studio (e in alcuni casi come luogo privilegiato della loro residenza) è una consuetudine acquisita. Lo è stato già dalla fine dell’Ottocento (basti pensare a Thomas Cole e Albert Bierstadt, o, in tempi più recenti, Philip Guston, Sol LeWitt e Cy Twombly) e lo è ancora oggi: a partire dalla affermatissima Francesca Woodman che negli anni ‘70 studiò presso la RISDI a Roma, e qui creò alcune delle sue opere più importanti.

La prima mostra si inaugura il 17 aprile, ed è dedicata a Gina Hoover che espone in questa occasione un vasto numero di piccoli ritratti a olio su carta (dimensione carta postale) scelti tra un insieme di 150 dipinti intitolati The Facebook Series. Attraverso le sue opere, Gina ci invita a entrare nell’intimità del suo sguardo: immagini (all’inizio forse fotografie) di amici coetanei, parenti, compagni di studio, e che diventano opere avvolgenti grazie a uno straordinario uso del senso di luce, di ombra: una padronanza di neri, gialli, verdi, rosso, bordeaux e blu che talvolta ricordano Goya o anche Manet. Lo stesso vale per le tele di formato più grande: figure umane misteriose, spesso famigliari o parenti presi da vecchie fotografie; uno sfondo visionario di paesaggi che assomigliano a immagini rurali della Depressione statunitense. Il ritratto Jacob C. Willems (2011) sembra riferirsi alla tradizione pittorica e ritrattistica del Novecento, ma l’oggetto della ricerca della Hoover è fortemente debitore (anche) al codice fotografico, facendo da transfert per le sue numerose composizioni.

Tutte e due le artiste presentate in questo programma dalla ECOS Gallery, inscindibilmente legate alla conoscenza e alla tradizione della pittura classica e contemporanea, si rivolgono all’opera d’arte con interrogativi molteplici: domande, che, come nel caso di Jamie Felton, la cui mostra si inaugura il 21 maggio, portano a ribaltare l’essenza dell’opera stessa: per poi trasfigurarla, plasmarla, trasformarla in sculture, installazioni, oggetti; per poi – tornando infine al punto iniziale del percorso – proporre un’opera felicemente compiuta, per quanto sperimentale (vedi il quadro Hold, 2012). Jamie Felton è pittrice e, parallelamente, scultrice nonché autrice di innovative installazioni e di un video dedicato alle infinite variabili–opportunità esplorazioni– ispirate dalla ricerca cromatica (il video – Trying to find the color of the Sunset through a single Kiss – che l’artista realizzò nel 2012 a Roma, e che sarà presentato e proiettato negli spazi della Galleria). Gran parte delle sculture e dei dipinti di Jamie Felton esposti negli spazi della Ecos Gallery risalgono al 2012, quando l’artista studiava alla Temple University di Roma. I dipinti su tela di data più recente, e arrivati insieme all’artista da Philadelphia per questa mostra, si distinguono nell’immediato al nostro occhio: colori intensi ma tenui, in gran parte assenti gli stralci e inserimenti di gesso inevitabilmente presenti nei quadri precedenti.

Nelle due mostre in programmazione, Gina e Jamie si confermano artiste (a dispetto della giovane età) sicure e rigorose. E se ognuna porta il carico della sua personale sensibilità ed esperienza (biografica e culturale), tutte e due le artiste sono accomunate da una gestione determinata dello strumento pittorico: un pennello che diventa una falce che fa breccia in un grande campo di grano. Entrambe, infine, sono guidate da un’esigenza, una condizione e un interrogare che non dà risposte perché nasce da una grande libertà interiore: forza, freschezza e coraggio che traspaiono netti dalle loro opere. Il loro scopo (più che accontentarsi del piacere della ricerca) è quello di “trovare”: mettere in scacco talento e emozioni, produrre l’opera senza svelarci alcun segreto. E, così facendo, ci portano alla mente quelle forze della natura che con la loro “sublime” funzione, in apparenza irrazionale, sollecitano nello spettatore la sensazione di scorgere – “scoprire” – qualcosa dapprima mai visto. Un ringraziamento particolare va a Enzo Cucchi e a Brunella Antomarini, che, negli ultimi 20 anni, insieme a Pia Candinas, hanno dedicato tante visite agli studi dei giovani artisti della Tyler School of Art/Temple University di Roma. Un’ulteriore ringraziamento va a Riccardo Buzzanca e a Gianni Dessì. Un catalogo che include le due mostre, arricchito dalle schede critiche di Pia Candinas (seguiti da un’intervista con ciascuna delle artiste), sarà appositamente presentato alla stampa nella seconda metà di aprile.

Gina Hoover Silent interactions
La forte e radicale espressività della pittura di questa giovane artista colpisce all’istante. In Facebook Series vediamo ritratti e paesaggi improntati da pennellate veloci, determinate e sicure, così come i colori che emanano una forza visionaria; lo si vede nei rossi, bordeaux, gialli, verdi e blu, nel nero quasi minaccioso, e nelle sfumature cromatiche che ricordano Goya, Manet o Marlene Dumas. L’artista raccoglie in questi piccoli spazi i lunghi passaggi della pittura dell’Otto e Novecento, come se in particolare il mondo della ritrattistica le fosse appartenuto da sempre. La serie dei 150 ritratti (formato cartolina postale) della Facebook Series sembrano accostarsi al mondo di Manet, uno dei grandi padri del modernismo, che nei suoi ritratti (in questo momento esposti a Londra in occasione della bellissima mostra Portraying Life), mostra quell’incisività delle pennellate sullo sfondo astratto della tela (non più decorativo e non più rappresentativo), dei paesaggi e dei volti che inaugurano la pittura contemporanea. Gina Hoover, come Manet, concepisce lo sfondo della tela come astrazione, i suoi ritratti ricordano inevitabilmente Berthe Morisot en chapeau de deuil a long voile, George Moore dans le jardin o Mallarmé, ritratti che hanno segnato la tradizione pittorica sempre più impegnata al limite tra l’astratto e il figurativo, e caratterizzata da un’impressionante visione psichica pre-Freudiana dell’essere umano. Con i suoi facebook-ritratti Gina Hoover ha cercato a modo suo di raccontare le vicende umane del mondo di oggi, inventando una sua «galleria dei personaggi» che talvolta ci risultano vagamente comici: misteriosi e un pò disturbati, questi personaggi sembrano voler uscire dalla tela per venirci incontro. Siamo colpiti da dettagli e da particolari che raffigurano cose strane, selvagge ciocche di capelli, delle labbra grosse con trucchi pesanti, occhiali da noioso intellettuale, etc. L’insieme è una grande famiglia di ritratti di giovani, divertenti, teneri, angosciati, perplessi: figli del XXI secolo che a volte sembrano già vecchi e crudeli testimoni del nostro tempo. Se l’intento di Gina Hoover era di dare un volto umano al popolo del Facebook, ci è riuscita meravigliosamente. Lo stesso vale per le tele di formato più grande: figure umane misteriose, spesso familiari o parenti presi da vecchie fotografie, con uno sfondo visionario di paesaggi che assomigliano a immagini rurali della Depressione statunitense. Il ritratto Jacob C. Willems (2011) si collega alla tradizione pittorica e ritrattistica del Novecento, a cui Gina Hoover aggiunge la sua elaborazione di un debito al codice fotografico, che fa da transfert per le sue numerose composizioni. Siamo quasi invitati a chiudere gli occhi e a percorrere insieme alla nostra visione ricordi, facce, sguardi e gesti inafferrabili che la tecnica di questa giovane artista rende astrattamente visibili.

Ecos Gallery
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Tel. +39 06 68 803886
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Orari di apertura
Martedi - Sabato 15.00 – 19.30
Domenica – Lunedì chiuso
Si riceve anche su appuntamento.