“La morte e la scomparsa delle palme in Italia l’anno scorso ha toccato profondamente nella vera essenza la mia relazione con il paesaggio romano. Un’idea estetica che iniziò forse con Poussin o Claude Lorrain ed è generalmente chiamata neoclassicismo ma evoluta all’inizio del diciannovesimo secolo includendo sia l’idea di nazionalismo che di colonialismo. A Roma il mio studio è vicino alle piramidi di Sisto e il cimitero protestante così credo di essere ancora ossessionato dal neoromanticismo e il neoclassicismo o con ciò che è ancora esiste di questi concetti e come questi si relazionano al presente.

Mentre guardo le foto (ce ne sono circa 100 nella serie) inizio a vederle meno tragiche e più ironiche, arrivano a rappresentare la fine di un esperimento botanico mal condotto, una problematica strettamente coloniale che ha tentato di collegare un certo stile di paesaggio con un concetto di dominio immanente. Alberi di palme misti a pini nel paesaggio implicano un diritto geografico di possedere concettualmente l’intero mar Mediterraneo, specialmente le parti africane e quelle dell’est. Mussolini tentò negli anni ‘20 e ’30 di iscrivere sul paesaggio un fittizio carattere ‘Romano’. Nel 1938 la (Mostra) Triennale D’Oltremare a Napoli con le sue quadruple boulevard fiancheggiate da palme delle colonie Libiche è un buon esempio di questa politica.

Il Mediterraneismo botanico divenne di moda in Italia molto tempo prima della cultura del turismo l’idea venne codificata insieme al tempo libero e alle spiagge. Questo Mediterraneismo coloniale negli anni dieci e venti ha avuto un largo raggio di influenza fuori dall’Italia e della Francia, come ad esempio a Los Angeles. Il punteruolo rosso della palma (rhynchophorus ferrugineus) è una sorta di anacronismo, originario dell’Asia si è mosso a ovest durante l’ultimo quarto di secolo, aiutato dalle compagnie aeree dalle spedizioni globali e dai trasporti è arrivato in Italia in maniera più veloce rispetto a quanto sarebbe accaduto100 anni fa, ma sarebbe arrivato probabilmente in ogni caso.

L’ironia è che le palme che attacca sono per la maggior parte importate come loro stessi, importati dal nord Africa e dall’Asia. L’ironia finale è che il parassita si è servito del riscaldamento globale combinato con la globalizzazione per porre fine a questa costruzione essenzialmente stilistica (il paesaggio classico). Senza le palme il paesaggio torna a ricoprire standard nord europei, in una più sobria e funzionale estetica, più banale. Gli alberi morti in queste foto rappresentano un tipo di immagine iper-moderna dove la natura assume l’aspetto di una vecchia stagione decorativa che ha bisogno di essere ricambiata quando perde la sua funzione, come le luci di natale a gennaio.

Penso che queste foto ritraggono un tipo di immagine che sarà sempre più comune in futuro. Un’immagine di specie idiosincratiche morte a causa di uno stato arbitrario, ma anche da bizzarri stati di cause naturali combinate con un dopo-effetto (contraccolpo) della storia. Le immagini hanno un aspetto teatrale apocalittico, come un’istantanea della vita dopo la morte. Spero che questa installazione presso la Galleria Artiaco mostrerà un processo attraverso il quale gli elementi romantici nel paesaggio cambieranno significato come cose che si confondono nella mischia. Un’ indagine di un evento estetico sottrattivo.” (Glen Rubsamen) 

Galleria Alfonso Artiaco
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