Dal 10 febbraio al 22 maggio 2011 Giuseppe Arcimboldo (o Arcimboldi) fa capolino con le sue celeberrime teste composte di frutta e ortaggi a Milano nelle sale del Palazzo Reale, nella personale a cura di Sylvia Ferino.
La mostra antologica dedicata al pittore milanese che attraversò il secolo XVI rappresenta un'imperdibile occasione per ricostruire l'epoca e gli spazi in cui la sua opera si collocò, con una particolare attenzione non solo artistica ma anche culturale e storica.
Il visitatore è accompagnato nel suo percorso da musiche rinascimentali ed entra a confronto anche con altri artisti, sia di fama mondiale come Leonardo ma anche sconosciuti, che hanno influenzato profondamente il lavoro di Arcimboldo.
La prima stanza ricrea questo dato ambiente artistico lombardo, in cui la scuola leonardesca insegna una tecnica realistica-grottesca per la rappresentazione ritrattistica.
Nella seconda grande stanza entriamo nella Milano del '500, che diventa capitale europea del lusso grazie alla lavorazione di pietre dure e ricchi tessuti.
Ha poi finalmente luogo l'ingresso di Arcimboldo nella storia, che, assieme al padre Biagio, è protagonista del cantiere del Duomo di Milano nella creazione delle vetrate e di altri apparati effimeri. Questa prima produzione, rappresentata dalla decorazione interna del Duomo di Monza e dalle vetrate del Duomo di Milano, è una sorpresa per il pubblico abituato al ben noto repertorio ritrattistico arcimboldesco.
Nelle successive stanze lo spettatore è proiettato nel sapere che si stava costruendo all'epoca: una sorta di pre-enciclopedismo, intriso ancora di alchimia e simbolismo, e che ritroviamo nelle Wunderkammer dell'epoca come nella catalogazione delle specie animali (leggendarie e non) ad opera, in particolare, del nobile bolognese Ulisse Aldrovandi.
Ritornando sul percorso di Arcimboldo, egli viene chiamato nel 1562 a Vienna alla corte di Massimiliano d'Asburgo. Una grande sezione ospita le opere del periodo di attività alla corte, che all'epoca erano rimaste sconosciute all'ambiente italiano.
Arcimboldo infatti rimase perlopiù nascosto al pubblico italiano, non solo dell'epoca, ma fino agli anni '30 del Novecento, quando fu ripreso dal surrealismo e quando finalmente, nel 1987, ottenne un primo riconoscimento italiano grazie alla mostra “Effetto Arcimboldo” a Palazzo Grassi, curata da Alfred J.Barr.
Tra le opere di spicco troviamo Autunno, Estate, Primavera e Inverno, facenti parte del ciclo delle “Stagioni” (1563) e quelle degli “Elementi”, che vanno a completare il ciclo precedente: Aria, Fuoco e Acqua. A seguire troviamo le cosiddette “pitture ridicole” quali Il Giurista o Il Bibliotecario, ritratti di persone attive alla corte di Massimiliano II.
Arcimboldo doveva seguire anche la produzione di apparati effimeri per le feste e le parate che si tenevano in Casa d'Austria, come possiamo vedere in una delle sale espositive.
L'ultima suggestiva sezione è definita dal ritorno dell'artista ormai sessantunenne a Milano, sotto la concessione di Rodolfo II d'Austria, per il quale continua a dipingere pur stando lontano da corte.
Di quest'ultimo periodo fanno parte le “teste reversibili”, che per illusione ottica possono essere viste da diversi punti di vista, sembrando allo stesso tempo canestre di frutta e volti umani.
La sua particolare rappresentazione naturalistica contribuirà alla nascita della prima natura morta italiana, ovvero quella lombarda, rappresentata in mostra da contemporanei quali Giovanni Ambrogio Figino e Vincenzo Campi.
Forse unica pecca dell'esibizione, essa manca di sottolineare, in questo caso come anche nella stanza iniziale dedicata al ritratto grottesco, il proseguimento di una tradizione di matrice nordeuropea, che si distanziava dal rispetto del canone classico comunemente usato in Italia per caricaturare invece la fisionomia dei volti e dare importanza alle cose della natura. Fu grazie all'influenza del Nord Europa, infatti, che nacque la pittura di genere lombarda e in particolare la natura morta.
Il percorso si chiude con Testa delle quattro stagioni dell'anno e con i milanesi Ercole e Carlo Antonio Procaccini, che raccolgono l'eredità di Arcimboldo nella loro Flora.
Le opere, provenienti da musei importanti a livello mondiale, come la National Gallery of Art di Washington, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Louvre, rappresentano un'occasione unica per osservare da vicino le astuzie arcimboldesche, finalmente riunite nella sua amata Milano – che sfortunatamente non era riuscita a tenere all'interno delle sue mura questo stravagante genio, tanto apprezzato all'estero.

Testo di Giulia Casalini