La nuova mostra personale di Jacob Hashimoto presso gli spazi di Studio la Città di Verona ha l’aria, e non solo, di essere un capitolo nuovo nel modo di raccontare ed esporre le opere dell’artista americano. Le grandi installazioni scenografiche, il dialogo macroscopico con le architetture dei luoghi, l’imponente leggerezza delle centinaia di aquiloni sospesi, questa volta non sono contemplati.

I materiali sono quelli che lo accompagnano da sempre: carta, bambù, dacron, pigmenti, acrilici e matita. Opere a parete, opere sospese, disegni preparatori e i recentissimi working drawings.

Il discorso però si sviluppa secondo una modalità più intima e privata. Il racconto dei lavori (opere recenti e non) sembra voler essere un dialogo diretto e personale con ogni singolo spettatore, quindi sussurrato e non urlato.

In fin dei conti un percorso di mostra a ritroso, dal basso verso l’altro, volutamente in controtendenza con le gigantesche “performance” che si possono contemporaneamente osservare negli spazi pubblici e privati di istituzioni italiane ed europee.

Prendiamoci allora tutto il tempo necessario per osservare la nascita di un’opera fin dalle sue fasi preliminari. Osserviamo step by step, a partire dai suoi working drawings, quali sono le dinamiche e i meccanismi che attraversano la mente dell’artista, le associazioni dei colori, dei materiali e dei pattern necessari al raggiungimento di quella sensazione cinetico illusoria, e al contempo di rarefatta leggerezza, che contraddistingue le sue creazioni.

Prestiamo poi attenzione ai disegni a matita che l’artista ha recentemente realizzato: sarà come osservare, con una potente lente d’ingrandimento, ogni singolo motivo presente su ciascun aquilone di fronte a noi.

Potrebbe quasi sembrare che l’artista abbia deciso di svelare il trucco e scoprire le carte. In verità, il racconto analitico e diretto del dettaglio è come una sorta di manuale di semiotica generale “pret à user” che ci fornisce gli strumenti necessari per creare le giuste associazioni.

Fase dopo fase si avrà così modo di comporre il puzzle e di osservare con maggiore consapevolezza ogni singolo livello e piano che compone le opere di Jacob Hashimoto.

Lo stadio ultimo potrebbe essere quindi Bloom, un grande lavoro a parete di rara bellezza che evoca dimensioni organiche e che potrebbe essere uscito da un qualche laboratorio di biologia molecolare. Un’emorragia buona, un’esplosione di particelle di forma circolare che, seppur contenute dai limiti fisici dell’opera (purtroppo, verrebbe da dire) sembrerebbero poter contaminare ogni cosa.

Studio La Città
Lungadige Galtarossa, 21
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Orari di apertura
Martedì - Sabato,
9.00-13.00 e 15.00-19.00