La 13esima edizione della Biennale di Istanbul organizzata da IKSV (The Istanbul Foundation for Culture and Arts) e aperta fino al 20 ottobre con novanta artisti circa e cinque sedi espositive (Antrepo no.3 a Tophane, la Scuola elementare Greca di Galata, le gallerie ARTER e SALT a Istiklal, la galleria 5533 a Unkapanı) , persegue da tempo la sua forte identità: creare un melting pot nel campo delle arti visuali tra artisti e audience e, per una metropoli, cosmopolita per storia e per tradizione, non può essere diversamente.

Fulya Erdemci, curatrice di questa edizione, ha chiamato la manifestazione Mom, am I a barbarian? prendendo in prestito il titolo di un libro di una delle più influenti poetesse e scrittrici turche di questi ultimi decenni: Lale Müldür (1956). Il significato bivalente della frase focalizza la relazione tra arte e poesia ed esplora il concetto di spazio pubblico inteso come forum politico ma, nello tesso tempo usa il termine barbaro per indicare i nuovi linguaggi che si devono inventare per capire il mondo del futuro.

La rassegna non è quindi solo un’esposizione artistica ma sottintende impegno e riflessioni sociali. Se nel progetto iniziale molti spazi pubblici erano coinvolti, con i fatti di Gezi Park, la Biennale si è concentrata in cinque location, dove emerge con grande chiarezza attraverso video, fotografia, istallazioni, disegni e sculture la realtà e vita attuale della Turchia.

In primo piano si colgono le problematiche legate all’immigrazione, ai rapporti con la politica e con le forze dell’ordine, la distruzione delle identità e le speculazioni edilizie che mirano ad azzerare le speranze dei più giovani e la cultura di un paese con secoli di storia. Per Fulya Erdemci l’arte può puntare a un’immaginazione collettiva e proporre nuove potenzialità su un piano simbolico e su questo concetto gli artisti internazionali hanno presentato progetti di forte impatto che inducono a riflettere sullo stato della società e sul futuro che si prospetta.

E tra le tante proposte, il lavoro di David Moreno che prende spunto dal silenzio della musica e della scrittura di John Cage A Monument to Humanity- Helping Hands degli olandesi Osterholt & Uitentus, dalla scultura-istallazione di Jimmie Durham al video-documentario denso di rabbia, ribellione e speranza del turco Halil Altindere dal titolo Wonderland, girato nell’ex quartiere rom di Sukulele che si trasformerà in una zona di lusso.

La Biennale di Istanbul offre un’ampia scelta di mostre collaterali e di musei tra i quali l’Istanbul Modern che si estende su 8mila metri quadrati sulle rive del Bosforo e propone un’importante collezione permanente di arte moderna e contemporanea. E, fino al 13 ottobre, uno dei primi Hammam che gli ottomani costruirono nell’appena conquistata Costantinopoli (1453), il Küçük Mustafa Paşa, ospita l’istallazione dell’artista italiano Angelo Bucarelli dal titolo Acqua come lacrime d’amore.

Foto di Luciano Bobba