Il cosiddetto Realismo Socialista coincide con il racconto di uno straordinario movimento artistico del XX secolo. L’URSS sostenne la pittura realista in una misura tuttora ineguagliata nel resto del mondo, promuovendone lo sviluppo attraverso un vero e proprio arruolamento di migliaia di artisti promosso in tutto il territorio del suo immenso impero multi-etnico.

Il Realismo socialista esaltò il ruolo sociale dell’arte e la superiorità del contenuto sulla forma. Incoraggiò il recupero delle pratiche di mestiere tradizionali e attinse alla storia dell’arte europea antica e moderna come ad un serbatoio di motivi stilistici e iconografici da cui trarre ispirazione.

Nella storia del XX secolo ha quindi rappresentato l’unica compiuta alternativa al desiderio di fare tabula rasa del passato. Realismi socialisti: grande pittura sovietica 1920-1970 è la più completa rassegna di questo movimento mai presentata fuori della Russia. La mostra segue lo sviluppo della pittura del Realismo socialista dalle ultime fasi della Guerra civile all’avvio della stagione brezhneviana, fino all’inizio degli anni ‘70, data oltre la quale le tendenze dell'arte ufficiale sovietica seguiranno direzioni varie e incoerenti, tali da far tramontare definitivamente il dominio culturale delle correnti realiste-socialiste. L’esposizione è organizzata in sequenza cronologica attraverso le sette gallerie del Palazzo delle Esposizioni.

All’interno di ogni galleria è presentata una molteplicità di questioni, di temi e di approcci formali all’arte di ciascun periodo. Mettendo in evidenza la grande varietà di soluzioni con cui gli artisti risposero alla sfida del Realismo socialista, non solo nello svolgersi del tempo ma anche nella simultaneità delle singole scansioni cronologiche, la mostra intende smentire, ribaltandolo, il mito del Realismo socialista come forma d'arte monolitica, riassumibile in una forma univoca.