Alla sua prima personale italiana, l’artista cipriota Marianna Christofides (classe 1980) inaugura sabato 7 aprile l’esposizione Reluctantly Real presso la Galleria La Veronica di Modica. La mostra, curata da Marco Scotini, è lo sviluppo di alcuni progetti che Christofides ha presentato all’ultima edizione della Biennale di Venezia, dove co-rappresentava Cipro.

Si entra in una mostra di Marianna Christofides come si accede ad un archivio cartografico del passato o ad un Kaiserpanorama del XIX secolo. La si attraversa come un Cabinet Fantastique, come le pagine di un libro di Jules Verne, oppure come un gabinetto etnografico. Stereografie, teche e vetrine, stereoscopi, vetrini da lanterna magica, episcopi, antiche mappe e vecchie guide turistiche, dagherrotipi: tutto, nel lavoro di Christofides, rimanda a quell’archeologia fotografica dell’epoca moderna che, ancora pregna di illusione ottica e del mistero dell’apparizione, avrebbe condotto irrevocabilmente per Benjamin alla fine dell’aura: alla trasformazione delle nostre coordinate spazio- emporali e della loro percezione.

Questa escursione nel tempo ha piuttosto al suo centro gli spostamenti nello spazio, l’identità delle culture, l’autenticità dei racconti, il regime di verità delle prove o dei documenti. Il nucleo centrale è quello del viaggio. Flussi di immagini mobili incontrano gruppi sociali e visioni culturali in movimento: turismo, colonialismo, lavoro migratorio, narrazioni di fuga e di ritorno. Nonostante già nel XIX secolo tutto lo spazio terrestre fosse stato cartograficamente unificato, lo sguardo etnografico era ancora quello di un mondo su un altro mondo. Il lavoro di Marianna Christofides è teso a riscrivere e rimettere in scena queste relazioni in combinazioni critiche possibili sempre nuove. Documenti provenienti da differenti epoche, e collezionati in contesti differenti, diventano l’occasione per attivare un dispositivo fittizio di rimandi narrativi e concatenamenti visivi solo apparentemente congruenti ed effettivi. E fa questo attraverso l’uso di un medium come la fotografia che, più di ogni altro, dovrebbe essere l’attestazione e la certificazione di “ciò che è stato”. Senza mettere in crisi questo implicito realismo della fotografia, il dubbio che continuamente questo lavoro solleva è relativo all’univocità del significato: quello per cui si assegna ad ogni immagine un’identità più che una storia. L’immagine risulta invece sempre dislocata, sempre una sezione mobile aperta ad una pluralità di interpretazioni e di condizionamenti.

Esemplare in questo senso l’installazione Stereoscapes #1 (2011) presente in mostra, in cui all’interno di una teca sono contenute due riproduzioni di vetrini della stessa immagine (un’immagine scattata a Gibilterra negli anni ’20) e accanto due testi che raccontano in modo diverso le due riproduzioni: Buying flowers l’una (con rimandi alla Sicilia di Tomasi di Lampedusa) e Flower seller l’altra (con sopralluogo a Gibilterra). Oppure nell’installazione Reluctantly Real (2012) in cui l’oggetto è una classica stereografia che mostra un’immagine seppiata di un paesaggio del Maghreb con figura dell’inizio del secolo scorso. Qui le due immagini abbinate della stereografia originale, che presuppongono sempre una visione binoculare, sono proiettate separatamente con due episcopi, e vengono trattate come se non fossero la stessa immagine. In questo teatro archeologico che Marianna Christofides mette in scena la ripetizione restituisce al passato la sua possibilità, crea una zona di indecidibilità tra vero e falso, tra l’immagine e la sua ricezione.

Vernissage:
Sabato 7 Aprile 2012 ore 20,30

Orario:
martedì-domenica 15,00-20,30


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