Istanbul è una città bellissima come Venezia, San Francisco …

Così comincia un intervento di Deyan Sudjic sulla città di Istanbul come contributo alla conferenza annuale organizzata da Urban Age Programme e tenutasi nel 2009 ad Istanbul. La sua e le relazioni degli altri studiosi e urbanisti sottolinearono la complessità, le contraddizioni, la ricchezza, di una società/città proteiforme e caratterizzata da uno sviluppo rapidissimo sia in termini economici che culturali e con un forte incremento della popolazione e dello sviluppo urbanistico.

La città ha oggi più di 15 milioni di abitanti e la sua posizione geografica tra Europa e Asia ne fa una città importantissima per le influenze culturali e commerciali dei due continenti. Il rapido tasso di crescita economico e demografico ha influito sulle grandissime trasformazioni urbane sia in aree della città già precedentemente abitate sia con l’aggiungersi di vere e proprie nuove parti di città.

E’ in questo contesto che si manifestano i forti cambiamenti degli scenari paesaggistici e sociali attraverso la nascita di nuove comunità e parimenti all’annullamento o alla metamorfosi di quelle preesistenti.

Comunità fragili appena costituite, forse ancora prive di conflitti per la mancata conoscenza reciproca, nascono in maniera vorticosa, nelle quali interagiscono il singolare degli individui, il plurale della famiglia (comunità minima) e la casualità del plurale della comunità.

E’ per il tramite e la guida di un periodo temporale che nascono queste ‘New Stories’.

L’interesse è per quello che accade da quando si comincia a progettare un nuovo quartiere o area residenziale di grande o media scala fino a quando la nuova comunità parte dal suo grado ‘zero’. Le fotografie sono di scheletri di case, uomini, donne, piccoli paesaggi transitori, spazi chiusi disegnati e organizzati e spazi esclusi, aperti, case, cani, fondazioni, muri… Rimane forte il senso di precarietà, di instabilità e sgomento. La scala sulla quale si collocano le immagini è quella dello spazio ‘calpestato’ dove i temi generali della metropoli sono calati dalla massa al singolo.

Testo di Paola De Pietri

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