“Mantenere in vita i materiali significa tenere lo spirito vivo e innalzare lo spirito significa portare i materiali all'altezza di quest'ultimo.” Questo scriveva Shozo Shimamoto nel Manifesto del gruppo Gutai nel 1956 in Giappone.1 Il materiale con cui “fare arte” per il gruppo nipponico era da considerarsi viscerale al modo in cui lo si utilizzava: un tutt’uno con lo spirito (artistico) e il mondo materico, esule da doppi fini e scopi velleitari della sua ridefinizione o decontestualizzazione. Un’accezione positiva dunque, che affianca al concetto di materia il concetto di spirito e modernizza la visione “zen” racchiusa nell’aurea espressiva del luogo comune, da cui si libereranno poi gli artisti della corrente Mono-Ha2 sul finire degli anni sessanta: le “cose” del mondo non sono altro che oggetti di utilizzo quotidiano la cui artificialit{ deve sposarsi con il dato naturale così come con l’uomo. Il mondo della materia e il mondo umano trovano il loro posto nello spazio dell’arte contemporanea orientale e si fondono assieme per sancirne l’autonomia. L’arte di Satoshi Hirose trae la sua influenza proprio da queste pratiche culturali native, a cui somma una conoscenza e un’ammirazione per l’Arte Povera italiana da cui eredita la semplicit{ dell’oggetto scultoreo. “My art can be simply defined as an art that invents, independent of any explicit ideology, a unique aesthetic or code of behaviour by rearranging small fragments accumulated through diverse communicative processes.” Afferma Satoshi mentre si discute sulla poetica del suo fare arte: limoni per Lemon Project 03, cioccolatini per un Gusto Passeggero, spezie per Spice Room, ma anche carta, denaro, stoffa o sale.

E infine tappi di plastica, fagioli dorati, legno e farina, così è composta “L'isola: un’esistenza di nove anni” che Satoshi ha creato a partire dal 2001, esposta ora nel lavoro installativo “Winter Garden” per la Galleria Maria Grazie del Prete di Roma. Una collezione di tappi di bottigliette d'acqua di plastica consumate in nove anni a formare un cumulo di materiale da riciclare, materiale di tutti i giorni contro una piccola nicchia di fagioli dorati nascosti alle sue pendici. Inorganico, organico e ricco: le caratteristiche dell’oggetto a disposizione del fruitore interagiscono con il suo senso visivo e raziocinante, per stimolare in lui un diretto ragionamento sul ciclo della vita. Il passaggio dalla sfera naturale a quella artificiale rientra nel percorso di sviluppo di ogni essere umano: l’Isola è un universo senza centro, perché il centro del mondo è nelle nostre mani (Satoshi Hirose, The world is yours, 1992, color print, 40x26 cm, ed 2/3). Ecco che il sostentamento dell’uomo e la progressiva consapevolezza di sé oscilla tra il guadagno materiale e il guadagno intellettivo, accumulando una duplice ricchezza: tattile e di spirito. E’ il momento dei fagioli, la loro valenza simbolica germoglia in ognuno di noi, nel fondo del nostro intelletto e Satoshi Hirose si vede bene dal confonderla con l’ossessione impreziosita del possesso. Ma tornando all’installazione in quanto tale, si nota come il basamento che sorregge la montagna di riciclo è a grandezza “innaturale” per essere un oggetto d’arte: porta il fruitore a viverlo nella sua interezza dandogli la possibilità di girarci intorno e nello stesso tempo, lo allontana dall’immaginarlo come “ospite scultoreo” di uno spazio. Queste grandezze "irrisolte", che accomunano spesso le installazioni di Satoshi, sono in ogni caso positive, in grado di instaurare una relazione con il suo pubblico, di metterlo a proprio agio seguendo l’interazione sensoriale verso cui l’opera tende. Il messaggio dell’artista è chiaro: le sue installazioni sono azioni architettoniche che si allontanano dal complesso e sfruttato rapporto tra arte e linguaggio concettuale dell’arte. Certo, i suoi lavori convivono con esso e in parte traggono spunto da un modo di comunicare simbolico. Ma superano l’autoreferenzialit{ per parlare dell’uomo, concentrando gli oggetti della loro composizione in proposizioni metaforiche dirette. Lavorano sulla sfera del linguaggio sensibile, sfidando l’attenzione di ognuno di noi.

A circondare l'Isola, fotografie di angoli quotidiani immortalati in porzioni di realtà casuali: quelle di "situazioni e oggetti che non sono di alcune utilità" (Satoshi Hirose, conversazione, dicembre 2011). Influenzato dall’artista giapponese Genpei Akasegawa3 e dalle fotografie raccolte nell’album “Chôgeijutsu Tomason” del 1987, Satoshi gioca sull’oggetto concettuale dell’arte e un po’ umanizzando la poetica di Joseph Beuys, un po’ ironizzando sul ruolo dell’arte per l’arte, mostra l’intuitivo e unico valore simbolico di oggetti circoscritti e definiti, completi in quanto tali e solo nella porzione dell’immagine fotografica in cui ha deciso di includerli. Con un esplicito riferimento all’installazione Isola, le serie fotografiche “Cosmos” e “Casa” sembrano suggerire le varie situazioni urbane minimalizzate in cui l’uomo vive, passeggia, corre, incappa. Dal macrosmo al micosmo. Ecco che le fotografie scorrono davanti agli occhi del fruitore come in un Montaggio delle Attrazioni cinematografico senza il tempo narrativo, che è invece anima in potenza dell'Isola di plastica e oro posta al centro della galleria. L'accumulo quotidiano e seriale si scontra con il frammento casuale dell'istante e questo rispettando il carattere della "molteplicità" nel processo espressivo dell'arte di Satoshi Hirose: rimandi e suggestioni visive sono il vero nocciolo della sua questione artistica. L’oggetto in sé acquista nature artificiali perché è l’uomo ad usufruirne. Se Ives Klein nella ricerca di una “zona di sensibilit{ pittorica immateriale” svuotava di bianco campiture monocromatiche blu per il raggiungimento di uno spazio astratto e al di fuori del dato in essere, Satoshi Hirose circoscrive il materiale in zone installative e fotografiche date, per il raggiungimento di uno spazio tattile entro cui includere la sensibilit{ astratta dell’essere umano. Entrambi tendono alla rivelazione dell’impenetrabile e la dimensione umana, sia essa uno squarcio pittorico che una nicchia nel legno, non è altro che una porzione di situazioni viste con l’occhio vigile di un Palomar artista.

Galleria Maria Grazia Del Prete
Via Di Monserrato, 21 Roma 00186
Tel. +390668892480

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Orari
Da Martedì a Sabato 11/15 – 16/20