“Dico sempre che non entro in una casa senza bussare. Quando si vive in un altro posto, ci vuole rispetto, così come ci vuole rispetto per le altre religioni. Siamo tutti fratelli, io aiuto chi ha bisogno, non importa chi sei. Se ci si conosce tutti e ci si apre, la città diventa migliore.”

Trentaquattro migranti. Dodici fotografi. Sessantotto foto. Una città. Storie diverse di donne e uomini che raccontano cosa porterebbero con sé di Roma.

Questa è “Rhome - Sguardi e memorie migranti”, la mostra promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica e dalla Sovrintendenza Capitolina, ospitata al Museo di Roma Palazzo Braschi dal 12 febbraio al 30 marzo 2014, con l’organizzazione e i servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Un’"iniziativa di rilievo nell'ambito delle attività di prevenzione e contrasto delle discriminazioni razziali, che ha ottenuto anche il riconoscimento UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

Quello dei migranti è un vero popolo, basti pensare che a Roma sono oltre 352mila, con un’età media di circa 37 anni, single in oltre il 50% dei casi.

Trentaquattro di loro raccontano la propria storia raccontando la città. Lo scatto del fotografo ha fissato nell’obiettivo i loro tanti modi di diventare parte di Roma. Tutto questo grazie alla collaborazione nata tra l’Associazione “éarrivatoGodot”, il CNR e Officine Fotografiche Roma con il Museo di Roma in Palazzo Braschi.

Il progetto Rhome – che ha poi portato alla presentazione di questa originale e coinvolgente esposizione curata da Claudia Pecoraro – dà voce ai nuovi cittadini di Roma Capitale: i migranti provenienti da tutte le parti del mondo, che oggi fanno parte del tessuto strutturale della città.

“Questo progetto è una piccola scossa per la società – ha commentato uno degli intervistati - Ce ne vogliono tanti, ma sono queste le cose che faranno la storia degli immigrati.”.

I 34 partecipanti appartengono sia alle 14 comunità straniere più numerose sia ad altri Paesi e rappresentano 27 nazionalità: africani, americani, asiatici, europei.

“Qual è un luogo di Roma che non dimenticherai mai e che porterai con te anche se dovessi andare a vivere altrove?” E’ intorno a questa domanda che ruota la mostra fotografica: ogni migrante, insieme a un fotografo, è andato nel posto scelto per costruire insieme l’immagine da esporre in mostra, ognuno con il suo ruolo, in una sinergia dove le parole del migrante diventano la regia che muove lo scatto del fotografo.

Sono state molte le domande a cui hanno risposto i 34 “cittadini romani” che, in una specie di intervista a microfono spento, raccontano perché hanno lasciato il loro paese, in quale luogo e per quale motivo – a Roma – si sono sentiti accolti o rifiutati. Un percorso che ha portato alla realizzazione di questa mostra dove la sequenza di volti e luoghi rende ancora più netta l’appartenenza ad una città che talvolta ha sostituito affettivamente quella di origine.

“Anche quando vado in vacanza, penso sempre a quando torno a Roma – racconta un migrante - È il punto di partenza, sempre.”
Una riflessione che può anche essere il filo conduttore di “Rhome - Sguardi e memorie migranti” perché questi sguardi, osservando le foto in mostra, appartengono già alla città, punto di arrivo e di ritorno per le loro nuove vite.

Museo di Roma Palazzo Braschi
Piazza Navona, 2 – Piazza San Pantaleo, 10
Roma 00186 Italia
Tel. 060608 (tutti i giorni 9.00 - 21.00)
museodiroma@comune.roma.it
www.museodiroma.it

Orari di apertura
Martedì - Domenica
Dalle 10.00 alle 20.00
La biglietteria chiude un’ora prima

Immagini correlate

  1. Sanjay Kansa Banik, fotografia di Gianclaudio H. Moniri / Officine Fotografiche Roma
  2. Teddy Dario Villareal Vera, fotografia di Nazzareno Falcone / Officine Fotografiche Roma
  3. Serghei Gangan, fotografia di Annalisa Spanò/ Officine Fotografiche Roma
  4. Victor Raul Astupinan Sanchez, fotografia di Alessandro Amoruso / Officine Fotografiche Roma
  5. Shahin Khan, fotografia di Emanuele Inversi / Officine Fotografiche Roma
  6. Ekaterina Suleymanova, fotografia di Marco Marotto / Officine Fotografiche Roma