Some views of Africa è una mostra dedicata ad artisti, già noti o emergenti, originari da diversi paesi del continente africano: Ruanda, Sud Africa, Camerun,…... Ad accomunarli sono la volontà di esprimere la modernità complessa del loro continente, e la capacità di farlo con un lavoro di forte tenuta compositiva e formale.

Gli artisti individuati partono dalla conoscenza diretta del proprio paese e del continente: dei riti e dei miti, della prospettiva storica e dell’attuale posizione geo-culturale dell’Africa rispetto al contesto globale. Con il loro lavoro, che è locale e globale insieme, danno espressione alle grandi sfide che l’Africa sta attraversando. Dalle loro opere emerge un continente variegato, tutt’altro che univoco, tutt’altro che pacificato; in preda, anzi, ad una trasformazione vigorosa. Un continente che vive uno sviluppo in cui novità e tradizione convivono e s’innestano l’una sull’altra imprevedibilmente, dando adito a una continua, ma non lineare, reinvenzione di modi di vivere e di intendere la società, il rapporto con l’altro e con l’ulteriore. La modernità, in Africa, è segnata da una pesante eredità postcoloniale, da carenze infrastrutturali, in alcuni casi da regimi totalitari e da tensioni razziali irrisolte; ma anche da un’energia straordinaria che fa, di alcuni stati di questo continente, vere e proprie potenze emergenti.

Ma le sfide e la metamorfosi che l’Africa sta affrontando non riguardano solo quel continente; riguardano anche noi; ce lo ricorda, per esempio, Pieter Hugo con la sua serie Permanent Error, riferita proprio ai rifiuti elettronici europei; secondo la Ue nel 2008 dei circa 10 milioni di tonnellate di vecchi pc, tv, telefonini e simili, solo 3,4 sono state riciclate. Del resto si è persa traccia. Si pensa che in buona parte siano finiti in Africa, dove i resti degli apparecchi vengono bruciati per estrarne metalli. Una pratica devastante: i fumi che generano sono gravemente nocivi per la salute e per l’ambiente. Hugo ha realizzato la sua serie di fotografie nella discarica di Agbogbloshie nel Ghana, dove computer, monitor e schede madri vengono bruciati per ricavare rame, ottone, alluminio e zinco, e producono residui tossici che contaminano l’aria, l’acqua, la terra e le persone. Le foto di Hugo ci impressionano a maggior ragione quando, osservandole, ci rendiamo conto che alcune delle tastiere che vediamo a terra sono italiane.

Sempre Hugo, in un’altra serie di opere, The Hyena & Other Men, ci racconta un altra, diversa Africa; siamo in Nigeria, dove un gruppo itinerante, oltre a vendere prodotti di medicina tradizionale, si esibisce viaggiando per il paese con iene, pitoni e babbuini. L’interazione tra gli hyena men e i loro animali, basata com’è sulla familiarità, ma anche sul dominio e sulla sottomissione, dice la complessa relazione che esiste tra natura e cultura, tra dimensione moderna urbana e dimensione tradizionale.

Anche Mikhael Subotzky racconta, nelle sue fotografie, aspetti diversi del proprio paese, il Sud Africa; il suo gigantesco puzzle di immagini ne fa emergere le drammatiche tensioni, la presenza di sacche di marginalità, di vulnerabilità; ma pure la forza e la sfaccettata ricchezza di carattere.

L’Africa è anche l’immaginario della migrazione dei tanti che, per necessità politica o economica, sognano di lasciarla. Ed è l’attaccamento di coloro che l’hanno lasciata e sognano di tornarci. È quella che ci mostra Laura Nsengiyumva, figlia della diaspora ruandese in Belgio e capace di raccontare, senza indulgere, sia la tragedia che il suo paese ha attraversato negli anni Novanta, sia la drammatica posizione di chi, quella tragedia, l’ha vissuta da esule. La concentrazione e Il controllo formale fanno della sua opera una testimonianza di assoluta densità emotiva.

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Orario di apertura
Da Martedì a Sabato
9.00-13.00 e 15.00-19.00