Federica Schiavo Gallery è lieta di presentare la prima mostra personale dell’artista romano Carlo Gabriele Tribbioli, dal titolo iperbolico Reperti per il prossimo milione di anni, frutto di un progetto a lungo termine realizzato tra il 2007 e il 2009.

Dire che la mostra presenta performance, fotografia, disegno, video, scultura e installazione sembra in qualche modo non rilevante o secondario rispetto alla complessità e alla densità dell’impresa di Tribbioli. Tanto nel tentativo di creare un mito e un rituale di natura sensibilmente esistenziale, quanto nell’essere il processo, la documentazione e l’istituzione di una metodologia, Reperti per il prossimo milione di anni è un convincente esempio di quel che Harald Szeemann celebrava quale ‘mitologia individuale’. Pur estendendosi ben oltre il movimento dal personale al classico, la cornice di riferimento di Tribbioli rievoca fortemente il tributo di Szeemann alla creazione di un universo di significazione completo e idealmente autosufficiente da cui leggere il lavoro.

Inizialmente interessato a questioni legate al tempo, alla sua cosiddetta irreversibilità giustapposta alla nozione classica di presenteeterno, incorniciate nell’ironica intenzione di creare un oggetto-inganno per archeologi del futuro, Tribbioli ha perseguito queste idee trovandole parzialmente incarnate nel Lago d’Averno, cratere vulcanico a nord di Napoli. Un tempo sito del culto divinatorio della Sibilla (la colonia di Cuma fu fondata nel 740 a.c.), questo specchio d’acqua e il suo territorio circostante furono tradizionalmente concepiti come ingresso agli inferi. Oggi l’ormai anonimo lago, non può far altro che testimoniare la propria mancanza tanto di sacralità quanto di secolare blasfemia. Affascinato dalla successione dal sacro al profano e da ciò che comporta la loro assenza, Tribbioli ha cercato di trasformare il lago nel sito di un nuovo mistero che agli archeologi del ‘prossimo milione di anni’ potrebbe analogamente evocare l’esistenza di un culto precedente.

Come nella maggior parte delle operazioni artistiche di Tribbioli, il processo e il rito hanno assunto proporzioni assurdamente epiche che includono aspetti diversi: da una performance nella quale l’artista giace su un tavolo per ventiquattro ore, alla raccolta sistematica di oggetti e detriti durante la circumnavigazione del perimetro lacustre. I tre anni di ricerca e riflessione convogliati in questo progetto sono essenzialmente distillati entro quello che l’artista chiama Il Grande Corpo Solido (una complessa macchina del tempo che racchiude vari campioni e frammenti del processo, inglobati in un blocco resina trasparente), oggetto poi solennemente depositato al centro del lago.

Nel proporsi in parallelo con l’assenza ai giorni nostri del culto antico, Il Grande Corpo Solido e l’oblio al quale è stato consegnato sono cruciali per l’intera operazione di Tribbioli, non solo in virtù della sua elisione del “contemporaneo” ma, ancor più, del suo prossimo destino quale mistero.

Documentando meticolosamente ed esaurientemente ogni tappa del pensiero e della produzione de Il Grande Corpo Solido con appunti, fotografie e video, Tribbioli ha sviluppato un occhio quasi scientifico sul proprio processo, portando la nozione di documentazione al suo limite patologico. La mostra è perciò composta di una profusione estremamente ponderata di materiale presentato in tre parti: la sala della documentazione, un video correlato al processo e infine un’immagine che tenta di distillare l’intero progetto attraverso la giustapposizione de Il Grande Corpo Solido con il lago.

L’esposizione richiede al contempo di essere esaminata e decifrata, sopraffacendo lo spettatore nella manifesta insormontabilità di tale compito. Dubitando che la creazione di un mito moderno possa tener testa a quelli generati e adottati dagli antichi, Tribbioli, la cui educazione ha radici nella filosofia e nel classicismo, persegue tuttavia il proprio disperato obiettivo con altre prospettive. La sua pratica artistica è plasmata da un’etica esistenziale e a sua volta è guidata da un palese jusqu’au-boutisme. Qualora il lavoro, con l’enfasi su processi analogici che vanno dalla fotografia ai testi dattiloscritti, sembrasse virare verso l’anacronismo, lo fa deliberatamente. Contrariamente alle attuali condizioni di un consumo rapido e distratto, il lavoro di Tribbioli e i vari media artistici che utilizza tradiscono e promuovono un’assimilazione totale al proprio soggetto, una sconcertante attenzione al dettaglio e una generale lentezza. In questo modo la sua etica è incorporata nella sua stessa metodologia, nel processo e nella presentazione.

Testo di Chris Sharp

Carlo Gabriele Tribbioli è nato a Roma nel 1982, dove vive e lavora. Ha studiato filosofia e si è laureato con una dissertazione su Antoine Fabre D’Olivet, filosofo traditionalista e anti-illuminista dei primi anni del XIX secolo. Nel periodo tra il 2005-2008 ha collaborato con Gianfranco Baruchello e la sua Fondazione. Nel 2004 ha fondato con Gabriele Silli e Giacomo Sponzilli il collettivo artistico Mastequoia. Tra le sue mostre recenti: ‘Re-Generation’, Macro Testaccio, Roma 2012; ‘Smeared with the Gold of the Opulent Sun’, Nomas Foundation, Roma 2012; ‘Forms of the Rock in a Night-Hymn #011’, con Mastequoia, Galleria Otto Zoo, Milano 2011; ‘Far From Where We Came’, Aaran Art Gallery, Tehran, Iran 2009; ‘Pharaonesque’, performance con Mastequoia, V° Festival of Dance and Performance, Budapest, Ungheria 2008, durante la residenza presso l’Istituto Italiano di Cultura di Budapest; ‘Ancora agitazioni nel sepolcro del Narcigno’, Auditorium Parco della Musica, Roma 2007. Nel 2013 il suo lavoro sarà esposto nella mostra 'Arimortis' presso il Museo del Novecento di Milano.

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Orari di apertura
Dal Martedì al Sabato 
12.00 - 19.00