Che cos’è la bellezza?

Nell’antica Grecia era un valore di vita legato strettamente alla bontà della persona, cioè al suo valore morale con il quale rappresentava non solo un equilibrio perfetto, un’armonia, ma un vero e proprio ideale di perfezione umana. Achille, bello e valoroso, incarnava proprio questo ideale secondo il quale la bellezza non era solo qualcosa da percepire con i sensi, ma anche con la mente e con il cuore. Il concetto di bellezza oggi è profondamente mutato e in un mondo globalizzato come il nostro si è anche molto relativizzato. Del resto anche all’interno del nostro stesso mondo occidentale dove la bellezza è essenzialmente bellezza fisica spaziamo dall’etereità delle modelle filiformi del mondo della moda a quella bellezza volgare e ostentata raccontata da Paolo Sorrentino nel suo ultimo film La grande bellezza.

Ma in un mondo come il nostro abbiamo ancora bisogno della bellezza? E se pensiamo all’arte per la quale la bellezza è sempre stata un valore, uno strumento, una meta c’è ancora bisogno della bellezza? Se ne parla a Firenze dove presso gli spazi del Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Palazzo Strozzi ha inaugurato il 29 marzo la mostra Un’idea di bellezza con opere di Vanessa Beecroft, Chiara Camoni, Andreas Gefeller, Alicja Kwade, Jean-Luc Mylayne, Isabel Rocamora, Anri Sala e Wilhelm Sasnal. La mostra intende andare oltre la banalizzazione del concetto di bellezza nel dibattito quotidiano per riportarla a un altro ambito di tipo spirituale, filosofico, ontologico sollecitando così una riflessione intellettuale da parte del pubblico della mostra invitato a condividere la propria idea di bellezza attraverso spunti provenienti dal proprio vissuto personale come del resto accade nel progetto parallelo 8 idee di bellezza dove otto personalità del mondo della scienza, dello spettacolo o dell’imprenditoria danno la propria personale interpretazione della parola “bellezza” partendo dal proprio ambito professionale.

Vanessa Beecroft presenta in questa occasione alcune testimonianze tratte dalla performance vb66 realizzata al Mercato Ittico di Napoli nel 2010 e ispirata all’eruzione che ha distrutto Pompei ed Ercolano. Nei suoi tableaux vivents dove è sempre centrale il corpo nudo delle modelle il visitatore è isolato in una condizione di voyeurismo nella quale la bellezza delle modelle (che assumono pose tipiche della storia dell’arte) e il silenzio dell’azione sono lo spunto per un dialogo serrato con se stesso, con i propri ricordi e i propri progetti, le proprie paure e le proprie forze.

Jean-Luc Mylayne propone alcuni scatti di grande resa estetica frutto di lunghi periodi trascorsi nei luoghi dove studia meticolosamente i comportamenti degli uccelli che andrà a fotografare. I suoi scatti simili a quadri sono il risultato di un paziente lavoro nel quale l’artista entra in armonia con l’ambiente circostante diventando capace di prevederne ritmi e dinamiche. Quegli stessi scatti diventano momenti di riflessione, non solo sulla relazione tra uomo e natura, ma soprattutto sulla nozione di tempo e sulla possibilità che abbiamo di spenderlo nel migliore dei modi.

Isabel Rocamora, che è abituata a sollecitare nell’osservatore riflessioni sulla relazione tra corpo, spazio e identità, nella videoinstallazione Body of War partendo dal combattimento tra soldati inglesi destruttura i loro movimenti e con l’aiuto di una particolare colonna sonora trasforma quei gesti violenti e duri in una coreografia che ricorda una danza e che apre spunti di riflessione sulla guerra e sulla violenza a essa sottesa.

Infine ricordiamo Anri Sala che nel video Dammi i colori documenta la trasformazione della città di Tirana a seguito dell’azione dell’artista Edi Rama divenuto sindaco della capitale albanese nel 2000 e fautore di una controversa ribellione fatta di colori da contrapporre al grigio degrado sociale e urbano. La mostra è visitabile fino al 28 luglio 2013.

Per maggiori informazioni: www.strozzina.org