Villa Pambuffetti è situata in Umbria, a Montefalco (PG), a pochi chilometri da Assisi e da Spoleto. E’ un luogo di grande suggestione dove la vita quotidiana scorre tranquilla e la gente conserva ancora l’abitudine di ritrovarsi a tavola per il pranzo e per la cena. Gabriele D’Annunzio la definì “Città del silenzio” dove “par che l’istesso ciel rischiari la campagna”, toccato dalla visione dei vasti paesaggi che si dominano da lì. Infatti da Montefalco lo sguardo si libra in alto e tocca veloce colli, boschi, fiumi e città: Assisi, Perugia, Spello, Foligno, Spoleto, Bevagna, Trevi.

La storia e l’arte vi hanno lasciato segni preziosi e indelebili: le mura trecentesche con porte e torri che ancora la proteggono, le strade acciottolate e le scalette fra gli edifici medioevali, le facciate e i loggiati dei palazzi signorili. Le sue chiese conservano ancora oggi capolavori d’arte che hanno affascinato viaggiatori d’ogni tempo, scrittori, musicisti, pittori; fra le tante del centro storico quella di San Francesco è la più importante. Eretta dai Minori Conventuali nel 1300, fu affrescata nell’abside centrale da Benozzo Gozzoli nella metà del ‘400 con episodi della vita di San Francesco d’Assisi. Benozzo vi realizzò dodici grandi dipinti in cui ritrasse il suo mondo.

Villa Pambuffetti è a ridosso delle mura, nel versante nord, con uno splendido panorama su Assisi e Perugia, immersa in un bellissimo parco in cui crescono abeti, cedri e cipressi secolari. Sorge nella zona destinata agli orti della città medievale, appartenuta poi a conventi e nobili del luogo, fino a quando se ne innamorò un valente architetto locale che, a metà dell''800, vi costruì la sua villa. Antonio Martini, questo il suo nome, colto e amante della storia, ispirò l’edificio al Rinascimento italiano e lo completò con richiami al gotico. Agli inizi del ‘900 i nuovi proprietari romani, i Conti Silenzi, lo modificarono in tono liberty e ne fecero una residenza lussuosa per “ospiti paganti” dove personaggi illustri del mondo della cultura, dell’arte e della scienza del tempo amavano incontrarsi e soggiornare. Il poeta Gabriele D’Annunzio, doveva essere uno degli habitué, visto che aveva voluto la sua stanza preferita, oggi la n. 2, di gusto esotico; gli arredi, quasi tutti in bambù e decorati all’orientale, sono ancora conservati. Altro ospite illustre di quegli anni fu Guglielmo Marconi, insieme alla figlia Elettra.

Nel 1939 la villa e il parco vengono acquistati da Argante Pambuffetti. Uomo volitivo, generoso e tenace muore improvvisamente, lasciando incolmato un vuoto che si trasforma, per la villa, in un periodo di abbandono. Ma alla fine degli anni ’80 la figlia di Argante, Argantina, decide di recuperare la vocazione all’accoglienza di questo luogo avviando una rispettosa opera di restauro che ne ha conservata intatta l’atmosfera intima e calda. Il fascino della sua storia, perciò, emerge ancora, integro e discreto, attraverso mille particolari che sembrano trovarsi perfettamente a proprio agio accanto ai vantaggi della modernità. Dal 1 Aprile 1992, anno dell’inaugurazione, le sue mura antiche hanno accolto, tra l’altro, il premio Nobel Carlo Rubbia, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, Christian Barnard, Federico Zeri, Vittorio Sgarbi, Roberto Capucci, Uto Ughi, Mario Scaccia, Alberto Sordi e tanti altri…

Villa Pambuffetti è oggi uno degli alberghi più affascinanti d’Italia e, fra questi, uno dei pochi dove la cucina è curata direttamente dai proprietari insieme allo chef Pasqualino Titta, che da sempre l’hanno voluta tipicamente locale, semplice e raffinata al tempo stesso. Dalle proprietà terriere della famiglia proviene l’olio biologico con cui si condiscono le pietanze, e la frutta; dal mercato locale arrivano tutti gli ingredienti, inclusi il tartufo e i salumi di Norcia; dai vigneti di Montefalco provengono i famosi vini rossi omonimi: il Sagrantino D.o.c.g. e il Rosso di Montefalco, appunto.
Splendidi, vigorosi e amabili come nel caso del Sagrantino Passito, essi hanno una storia antica quanto quella della città, e una fama che va rapidamente diffondendosi nel mondo. Accompagnano superbamente arrosti e dessert.

Nella bella stagione il rosso del vino si mescola ai colori vivaci dell’estate montefalchese. L’aria, infatti, si anima delle tinte accese dell’antica giostra della Fuga del Bove, dei giochi di bandiere fra i quattro Quartieri della città e delle gare di abilità fra balestrieri e tamburini in costume rinascimentale. Ogni sera, in agosto, musica, teatro e prosa allietano gli angoli più belli della città, mentre le taverne dei Quartieri forniscono occasioni di incontro goliardico e allegro. In settembre si svolge invece la Settimana Enologica, mostra mercato dei Vini Montefalco e dei prodotti tipici del territorio; in settembre la Festa dell’Uva, con carri a tema sulla vendemmia e le attività legate alla produzione del vino. Il Prof. Pietro Pambuffetti, filosofo e storico, così descrisse l’atmosfera che pervade la villa e il parco: “Dal colle che la sovrasta e quasi la difende, l’eco delle campane di S. Agostino, con la loro musicale e indefinita tenerezza, attinge ancora dal profumo delle resine e dal grigio pallor degli ulivi qualcosa che l’Eterno solo conosce”.

E ora intervistiamo la famiglia Angeluggi.

A quali altre ville storiche italiane può essere associata Villa Pambuffetti?
In realtà, non pensiamo che possa essere paragonata o assimilata ad altre analoghe strutture, in Italia o altrove. Infatti, ne esistono certamente di ben più antiche e monumentali, ricche di creazioni artistiche, dotate di parchi immensi e scenografici, inserite in splendidi panorami: luoghi meravigliosi che conciliano uomo e natura. Villa Pambuffetti ha invece una vita sua, che nasce dal luogo stesso e si propaga nelle stagioni. Una combinazione di alberi, ambienti e prospettive: connubio di luci e ombre, semplice ed elegante, magico e assorto.

Un aneddoto legato alla Villa? La Villa, al tempo della Seconda guerra mondiale, è stata occupata da diverse truppe di militari, tra cui quelle tedesche che ne avevano fatto il quartier generale per decidere di vari bombardamenti, tra cui quello di Cassino. Proprio all’interno del parco dove ora si trova il gazebo erano poste delle cartine enormi dell’Italia e si studiavano i piani d’attacco. La famiglia era all’interno della casa e non poteva circolare nel parco… tentarono di tagliare le piante per scaldarsi, ma furono fortunatamente fermati da mia nonna.

Come può essere mantenuto e tramandato il valore della storia?
Solo cogliendone lo spirito, mai la lettera. Non preservandone il guscio, ma la polpa. Appoggiandosi saldamente su quella già fatta, per farne di nuova, coerentemente con la traccia positiva che può provenire dal passato.

Villa Pambuffetti è stata oggetto di commenti da parte di storici o critici d'arte?
I visitatori del presente includono Federico Zeri e Vittorio Sgarbi, quelli del passato annoverano Guglielmo Marconi e Vittorio D’Annunzio. Ma fu Hermann Hesse che descrisse, con sorprendente profondità, la Villa e lo spirito di tutta la terra che la circonda.

L'arte, la poesia, la filosofia sono ancora un valore importante oggi?
Il valore intrinseco dell’arte e della filosofia restano immutati nel tempo, proprio perché l’espressione artistica e la speculazione filosofica tendono all’universalità e all’eterno. Quella che cambia è la considerazione che le società le attribuiscono. Oggigiorno, in presenza di una complessiva globalizzazione, le differenze tra diverse culture sono minime. Enorme, invece, è la distanza che ci separa dalle epoche trascorse, anche recenti. Oggi arte e filosofia vivono sullo sfondo nascosto della realtà, sommerse dallo straripare incontrollato degli stimoli. La comunicazione è istantanea e sottrae tempo alla riflessione. La vita, accelerata, non concede spazio alla contemplazione. L’ebbrezza degli oggetti dirige le azioni e assorbe le menti. L’unicità creativa perde, contro la necessità di rassicuranti status-symbol, ed è sconfitta dalla sete delle nuove sette: seguaci di Apple e di Ikea, che trovano bagliori di gioia nei riflessi materiali della bellezza.

La massa delle persone è sempre la stessa e non penso ci siano state mai mutazioni, nel corso della storia. Quello che muta ed è cambiato è il contesto dei valori prevalenti, come frutto del progredire delle cose. Così, ora, gli uomini si interessano a cose diverse, rispetto ai periodi antecedenti: si guarda la televisione, piuttosto che i panorami, e si passeggia per dimagrire, anziché per meditare. La domenica si visitano i centri commerciali, non le chiese. Questi sono i dati di fatto, da non sottoporre a giudizio, ma di cui prendere atto con lucida consapevolezza. Mediante essa si potrà accedere a una libera scelta, ognuno per conto proprio, cercando il senso vero da seguire e non quello in cui trascina la corrente. Poeti, artisti, filosofi sopravvivono e continuano ad afferrare l’essenza profonda dell’esistenza, generando creazioni che penetrano nell’infinito e ci inondano di felicità.